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L’omelia del vescovo Gualtiero per la festa della Presentazione di Gesù al Tempio

Quaranta giorni dopo Natale celebriamo il Signore che, entrando nel tempio, va incontro al suo popolo. Questa festività, che nell’Oriente cristiano è detta Ipapánte, apre il cammino verso la Pasqua. Nel tempio di Gerusalemme avviene un duplice incontro: quello tra il Verbo fatto carne e l’umanità in attesa; quello tra i giovani sposi Maria e Giuseppe e i santi vegliardi Simeone e Anna. Questo episodio compie così la profezia di Gioele: “I vostri anziani faranno sogni, i vostri giovani avranno visioni” (3,1). Mentre Maria e Giuseppe affidano al silenzio l’eloquenza del gesto della loro offerta, Simeone e Anna profetizzano. Essi, nella loro vecchiaia, sono capaci di una nuova fecondità: mossi dallo Spirito acclamano Cristo Lumen gentium.

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L’omelia del vescovo Gualtiero per le esequie di mons. Vincenzo Faustini

“Poiché i figli hanno in comune il sangue e la carne, anche Cristo allo stesso modo ne è divenuto partecipe, per ridurre all’impotenza mediante la morte colui che della morte ha il potere, cioè il diavolo” (Eb 2,14). La liturgia della Parola ci consegna, oggi, questo messaggio di salvezza che illumina la nostra preghiera di suffragio per don Vincenzo Faustini. Un antico autore cristiano del II secolo, Melitone di Sardi, in un’omelia pasquale assicurava: “Cristo è colui che ha coperto di confusione la morte e ha gettato nel pianto il Diavolo, come Mosè il Faraone”. L’amara costatazione della “morte della morte” fa scoppiare il Diavolo in pianto, perché Cristo Signore, con la sua Pasqua, “ha imposto alla morte un limite invalicabile”.

La nostra esistenza terrena, per quanto lunga possa essere, è come un fragile filo d’erba che presto appassisce; nel medesimo tempo essa è luogo di vocazione straordinaria: quella di essere figli di Dio. Per don Vincenzo la vita è stata luogo di vocazione al sacerdozio ministeriale, che l’ha chiamato a fare con arte quello che il Signore ha compiuto nella cosiddetta “giornata di Cafarnao”, come abbiamo inteso nel brano evangelico appena proclamato (cf. Mc 1,29-39).

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L’omelia del vescovo Gualtiero per la Messa del giorno dell’Epifania

“Sei nato nascosto in una grotta, ma il cielo ti ha annunciato a tutti, usando come bocca la stella, o Salvatore”: questa antifona della liturgia bizantina ci invita a riconoscere che l’Epifania del Signore è mistero di luce, simbolicamente indicata dalla stella che ha guidato a Betlemme i Magi, misteriosi pellegrini venuti dall’Oriente (cf. Mt 2,1-12). La luce di Cristo, “sole che sorge dall’alto” (Lc 1,78), si irradia sulla terra, diffondendosi come a cerchi concentrici. Anzitutto avvolge Maria e Giuseppe, poi inonda i pastori, i quali accorrono “senza indugio” a Betlemme per vedere l’avvenimento che il Signore ha fatto conoscere loro. Infine, il fulgore di Cristo raggiunge i Magi, “primizia dei popoli chiamati alla fede”. Restano in ombra, invece, i palazzi del potere di Gerusalemme, dove la notizia della nascita del re dei Giudei suscita sconcerto e turbamento.

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L’omelia del Vescovo Gualtiero per la Messa del giorno di Natale

“Prorompete insieme in canti di gioia, rovine di Gerusalemme, perché il Signore ha consolato il suo popolo, ha riscattato Gerusalemme” (Is 52,9): con questo appello, che il profeta Isaia rivolge a Israele, la liturgia ci invita non solo a moltiplicare la gioia degli angeli, ma anche ad aumentare la letizia dei pastori (cf. Is 9,2), custodendo e meditando quanto proclama il “prologo” sia del Vangelo di Giovanni, “Verbum caro factum est” (1,14), sia della Lettera agli Ebrei: “Dio, che molte volte e in diversi modi nei tempi antichi aveva parlato ai padri per mezzo dei profeti, ultimamente, in questi giorni, ha parlato a noi per mezzo del Figlio” (1,1-2).

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L’omelia del Vescovo Gualtiero per la Messa della notte di Natale

“Un decreto di Cesare Augusto ordinò che si facesse il censimento di tutta la terra” (Lc 2,1): la Messa della notte di Natale ci conduce a Betlemme indicandoci le coordinate storiche della “pienezza del tempo”. Lo sforzo corale del Paese per contrastare e superare la pandemia ci fa anticipare l’ora di questo gioioso appuntamento liturgico; la solennità del Natale la si può celebrare “in spirito e verità” anche andando alla Messa di mezzanotte qualche ora prima. L’opportunità di un Natale inedito, riconciliato con la “grandezza della semplicità”, sarebbe un peccato non provare a coglierla, spogliandoci di quelle abitudini accessorie che non aiutano a fissare lo sguardo sul “segno” del “bambino avvolto in fasce, posto in una mangiatoia” (cf. Lc 2,12).

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L’omelia del Vescovo Gualtiero per la festa della Dedicazione della Cattedrale

Nella festa della dedicazione della nostra Cattedrale di Santa Maria Assunta la liturgia della Parola di questa Domenica ci invita ad attendere il giorno del Signore senza ansia e senza ignavia, ma come “figli della luce” (cf. 1Ts 5,1-6), simili sia alla “donna forte” di cui parla la prima lettura, le cui dita tengono il fuso e le cui palme si aprono al misero (cf. Pro 31,19-20), sia all’uomo giusto cantato dal Salmo 127, figura del “servo buono e fedele” della parabola dei talenti (cf. Mt 25,14-30). I discepoli devono affrettare nella speranza l’avvento del Signore senza limitarsi a custodire i doni ricevuti, ma cercando di esserne abili amministratori. Nell’ignoranza del giorno e dell’ora del ritorno glorioso del Signore, che giungerà improvviso “come il ladro di notte e come le doglie una donna incinta” (cf. 1Ts 5,2-3), occorre non solo essere prudenti, ma anche fecondi, perché “Dio non regala frutti, ma dona semi da piantare”.

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L’omelia del vescovo Gualtiero per la Solennità di San Fortunato, patrono di Todi e della Diocesi

“Vir vitae venerabilis”: questo è il ritratto di san Fortunato racchiuso nei Dialoghi di San Gregorio Magno. Più che i prodigi compiuti è il muto linguaggio delle pietre di questo luogo a lui intitolato a raccontare la venerazione del popolo tuderte. La cuspide della torre campanaria di questo tempio è visibile da ogni parte, quasi a ricordare a chiunque la osservi che lo sguardo benedicente del Patrono abbraccia l’intero territorio tudertino. Chi arriva da Perugia ne scorge in lontananza la mole; chi viene da Orvieto intravede, incastonata in mezzo al verde, la sua struttura; chi transita sulla E45 si accorge della sua centralità nell’impianto urbanistico medievale di Todi; chi la scruta dalla parte del Tevere nota che, rispetto alla torre campanaria della Ss. Annunziata, è fuori scala. Quando sono salito per la prima volta quassù, come vescovo, ho inteso che i rintocchi del campanone della concattedrale fanno vibrare la facciata di questo tempio, che custodisce le spoglie mortali di “coloro che ci hanno preceduto con il segno della fede e dormono il sonno della pace”.

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L’omelia del vescovo Gualtiero per la festa della Natività della Beata Vergine Maria

Celebriamo la festa della Natività della Beata Vergine Maria in questo tempio a Lei intitolato, la cui finezza della sua armonia documenta una pagina luminosa non solo del Rinascimento italiano, ma anche della devozione mariana del popolo tuderte. Il grande modello architettonico della Chiesa dal cuore giovane, pronta a seguire Cristo con freschezza e docilità, rimane sempre la Vergine Maria. “Il suo Fiat (cf. Lc 1,38) è l’esempio più bello – assicura Papa Francesco – che ci racconta cosa succede quando l’uomo, nella sua libertà, si abbandona nelle mani di Dio”.

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L’omelia del Vescovo Gualtiero per la solennità dell’Assunzione della Beata Vergine Maria

“Ammantata di sole”: con questa immagine così evocativa la lex orandi mostra lo splendore di bellezza della Vergine Maria Assunta in cielo. Se l’iconografia ritrae la Madonna con il suo manto steso a proteggere il popolo cristiano, la liturgia ci assicura, nell’odierna solennità, che è Dio stesso a rivestire la Vergine di Nazaret con il manto della sua luce la quale, il giorno di Pasqua, “ha inondato la terra e ha ridato la gioia al mondo intero”.

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