Era l’ora del vespro quando giunge improvviso dal cielo un grande fragore, “quasi un vento che si abbatte impetuoso” (cf. At 2,1-2), che riempie “la stanza al piano superiore” (cf. At 1,13) in cui è presente Maria, la Madre di Gesù, insieme agli apostoli, “perseveranti e concordi nella preghiera” (cf. At 1,12-14). Su di loro si posano “lingue come di fuoco” e, colmati di Spirito santo, “cominciano a parlare in altre lingue” (cf. At 2,3-4). Era la stessa ora, quella vespertina, quando i discepoli di Emmaus riconoscono il Signore nella frazione del Pane (cf. Lc 24, 29-31). Come al sorgere dell’aurora la luce pasquale inonda di vita il mondo intero, così al crepuscolo, lo Spirito rinnova tutta la terra. È un singolare “lucernario” quello che accade al compiersi del giorno della Pentecoste; si tratta di un “lucernario” che introduce i discepoli nella grande veglia della storia, quella che affretta nella speranza l’attesa del ritorno glorioso del Signore; si tratta di un “lucernario” che orienta la Chiesa nel mare del mondo, rivolgendo al Signore la stessa supplica che gli Edomiti pongono a Isaia: “Sentinella, quanto resta della notte?” (Is 21,11).
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