“La spada dello Spirito, che è la parola di Dio” (Ef 6,17), è tagliente nella denuncia e penetrante nella proposta. Denuncia e proposta ritmano l’itinerario quaresimale, in cui siamo chiamati ad “affrontare vittoriosamente il combattimento contro lo spirito del male con le armi della penitenza”, l’elemosina, la preghiera e il digiuno (cf. Mt 6,1-6.16-18), senza accontentarci del minimo indispensabile, ma cercando di raggiungere il massimo possibile.
Fratelli e sorelle carissimi, “siamo polvere e in polvere ritorneremo”, ma “il Signore si mostra geloso per la sua terra e si muove a compassione del suo popolo” (Gl 2,18). La gelosia divina non ha nulla in comune con quella umana, che appartiene alla “carovana” delle cosiddette opere della carne (cf. Gal 5,19-21). La gelosia di Dio è un “fuoco divoratore” (Dt 4,24), alimentato dalla compassione, che divampa nella “fornace ardente” del suo cuore di Padre, il quale “non conserva l’ira per sempre” (cf. Ger 3,12), ma la estingue, “lasciando dietro a sé una benedizione” (Gl 2,14).
Il tempo forte della Quaresima, “segno sacramentale della nostra conversione”, ci sollecita a ritornare al Signore, “con tutto il cuore e con tutta l’anima” (Tb 13,6), “perché Egli è misericordioso e pietoso, lento all’ira, di grande amore, pronto a ravvedersi riguardo al male” (Gl 2,13). Dio, per farci grazia, vuole aver bisogno del nostro pentimento, “una delle più potenti forme di espressione della libertà”. E tuttavia, Egli ci ama a prescindere, non a condizione che! La conversione è opera sua; Lui ne ha l’esclusiva dell’iniziativa, come si evince dall’antifona dell’invitatorio della festa della conversione di Saulo: “Lodiamo il nostro Dio che ha convertito san Paolo al Vangelo”.
La grazia del perdono non è allergica alla natura umana ma sinergica: “Voi che temete il Signore, aspettate la sua misericordia” (Sir 2,7). L’attesa di cui parla il Libro del Siracide non è una concessione all’inerzia, ma un appello a ottenere e trovare misericordia osservando questo comando: “Perdonate e sarete perdonati” (Lc 6,37). Non si tratta di un ricatto, ma di un appello a riscattare la capacità del cuore umano di offrire il perdono “fino a settanta volte sette” (cf. Mt 18,22). Edificante, al riguardo, è il testamento del priore trappista Christian de Chergé, ucciso con altri sei monaci in Algeria nel 1996: “E anche te, amico dell’ultimo minuto che non avrai saputo quel che facevi. Sì, anche per te voglio questo grazie, e questo a-Dio nel cui volto ti contemplo. E che ci sia dato di ritrovarci, ladroni beati, in Paradiso, se piace a Dio, Padre nostro, di tutti e due”.
Il perdono offerto “di cuore” (cf. Mt 18,35) ha, per così dire, cinque sensi: la vista dello sguardo sereno e benigno; l’udito dell’ascolto fiducioso e attento; il tatto dell’abbraccio forte e silenzioso; l’olfatto della preghiera intensa e semplice; il gusto della pace vera e duratura. Chi riesce a perdonare, fiorisce: gli accade quello che alle piante avviene in primavera. “Il perdono – assicura Papa Francesco – nasce quando le ferite subite non lasciano cicatrici d’odio, ma diventano il luogo in cui fare posto agli altri e accoglierne le debolezze. Allora le fragilità diventano opportunità e il perdono diventa la via della pace. Non si tratta di lasciarsi tutto alle spalle come se niente fosse, ma di aprire agli altri il proprio cuore con amore”.
“A Dio e ai fratelli – affermava Paolo VI – dobbiamo l’umile domanda del nostro perdono”. Il tempo forte della Quaresima è il “momento favorevole” per chiedere al Signore: “Ricordati della tua misericordia e del tuo amore, che è da sempre” (Sal 25,6); “mostraci la tua misericordia e donaci la tua salvezza”. Il deserto quaresimale è l’occasione propizia per ottenere e trovare misericordia mediante il ministero della Chiesa, ambasciatrice di riconciliazione (cf. 2Cor 5,20), custode delle “chiavi” del Regno dei cieli (cf. Mt 16,19) e amministratrice del “tesoro” della divina misericordia (cf. Gv 20,22-23). La Quaresima è un cammino di quaranta giorni in cui siamo sollecitati a portare “frutti degni di conversione”, allenandoci a riconoscere Gesù “soprattutto nel volto di coloro con i quali egli stesso ha voluto identificarsi” (cf. Mt 25,34-36).
Fratelli e sorelle carissimi, oggi il Signore “riapre alla Chiesa la strada dell’esodo”: non ci accada “di accogliere invano la grazia di Dio” (cf. 2Cor 6,1). Come la polvere, imposta sul capo, scivola via presto, così il proposito di conversione maturato all’inizio della Quaresima non faccia la stessa fine. Dio, che “ha pietà di chi si pente e dona la pace a chi si converte, ci conceda il perdono dei peccati e una vita rinnovata a immagine del suo Figlio risorto”.
+ Gualtiero Sigismondi