“Nate per parlare di Dio”

L’intervento del Vescovo in occasione della presentazione dei restauri di tre opere d’arte nella Concattedrale di Todi

“Nel silenzio di ogni opera risuona la presenza discreta e flagrante di Dio, autore della bellezza della creazione e dello splendore di bellezza della redenzione. Non abbiamo ancora inteso, fino in fondo, quanto sia forte lo zelo missionario delle opere d’arte!”

 

 

 

Ogni restauro è un pezzo di bellezza restituito al nostro sguardo. Affido a questa battuta il compito di esprimere la mia gratitudine per il lavoro di restauro compiuto, finalizzato a restituire ad alcune opere d’arte la loro vocazione: “parlare di Dio”.

Ogni opera d’arte è frutto della capacità creativa dell’essere umano di scoprire il senso profondo della realtà e di comunicarlo attraverso il linguaggio delle forme, dei colori, dei suoni. L’arte è capace di rendere visibile il bisogno dell’uomo di andare oltre ciò che si vede, manifestando la sua profonda nostalgia di Dio. Anzi, è come una porta aperta verso l’infinito, verso una bellezza e una verità che vanno al di là del quotidiano.

La flagellazione degli occhi, ossessionati dallo smartphone, e degli orecchi, sfiniti dalla raffica dei click, ci impedisce di vedere oltre che di ascoltare. Il cuore segue gli occhi (cf. Gb 31,7) i quali, essendo la “lampada del corpo” (cf. Mt 6,22), offrono suggestioni alla mente. Come è lo sguardo a inquinare mente e cuore (cf. Mt 5,28; 1Gv 2,16) o, al contrario, a bonificarli, così sono gli occhi, che non possono mentire, a indicare qual è il tesoro che fa palpitare il cuore (cf. Mt 6,21). Fino a quando si resta fermi davanti allo specchio o si rimane inchiodati a un tablet, a stabilire connessioni prive di relazioni, non si cresce! Si diventa adulti solo se, “dando luce agli occhi”, si inizia a compiere la delicata manovra del distacco da se stessi (cf. Lc 14,25-35), che porta al largo, nel mare aperto della bontà la quale, per essere veramente tale, ha bisogno di manifestarsi nella bellezza.

“Il bello – diceva Plotino – è la luce del vero”. Inscindibile è il vincolo tra verità e bellezza: la verità si esprime nella bellezza e diventa se stessa nella bellezza. Paolo VI, nel Messaggio agli Artisti, dell’8 dicembre 1965, affermava che il mondo “ha bisogno di bellezza per non sprofondare nella disperazione. La bellezza, come la verità, è ciò che infonde gioia al cuore degli uomini, è quel frutto prezioso che resiste al logorio del tempo, che unisce le generazioni e le fa comunicare nell’ammirazione”. “L’educazione e l’arte – osserva Papa Francesco – si incontrano attraverso i linguaggi della musica e della poesia, della pittura e della scultura, del teatro e del cinema. Tutte queste espressioni della creatività umana possono essere canali di fraternità e di pace tra i popoli della famiglia umana, come pure di dialogo tra le religioni”.

La via della bellezza è da sempre la lingua madre della fede della Chiesa. Ci sono, infatti, espressioni artistiche che sono vere strade verso Dio, “sorgente di ogni bellezza”. Rimane profondamente vero secondo quanto ha scritto un grande artista, Marc Chagall, che i pittori per secoli hanno intinto il loro pennello in quell’alfabeto colorato che è la Bibbia. Paul Claudel, famoso poeta, drammaturgo e diplomatico francese, nella Basilica di Notre Dame a Parigi, nel 1886, proprio ascoltando il cantico del Magnificat durante la Messa di Natale, avvertì la presenza di Dio. Era entrato in chiesa non per motivi di fede, bensì per cercare argomenti contro i cristiani, ma la grazia operò nel suo cuore, che ancora non conosceva Dio.

La visita ai luoghi d’arte, oltre che occasione di arricchimento culturale, rafforza la nostra crescita umana e spirituale, stimola a fermarsi e a contemplare – nel passaggio dalla semplice realtà esteriore a quella più profonda che esprime – il raggio di bellezza che ci colpisce, che quasi ci “ferisce” nell’intimo e ci invita a salire verso l’alto, verso Dio. Nelle opere d’arte restituite oggi al nostro sguardo, merita una particolare attenzione il raggio di bellezza della pala d’altare del XVI secolo in cui il mistero di Maria, tota pulchra, è rivelato dalla luce dell’aurora. Con questo particolare la mano dell’artista, guidata dall’intelligenza della fede della committenza, ha dato voce a quanto insegna la lex orandi, che presenta la Madre di Dio come “mistica aurora della redenzione”, da cui è nato Cristo, “Sole di giustizia”.

Sebbene nella Chiesa il dialogo con gli artisti si sia da troppo tempo interrotto, tuttavia quello tra restauratore e committenza sembra essere ancora aperto; del resto ogni restauratore, che è veramente tale se è un artista, deve dialogare con l’opera affidata alle sue mani per restituirle il colore e il calore della sua voce, che parla di Dio. Nel silenzio di ogni opera risuona la presenza discreta e flagrante di Dio, autore della bellezza della creazione e dello splendore di bellezza della redenzione. Non abbiamo ancora inteso, fino in fondo, quanto sia forte lo zelo missionario delle opere d’arte!

+ Gualtiero Sigismondi

Todi - Basilica Concattedrale della Ss.ma Annunziata
18-10-2020