Festa della Natività della Beata Vergine Maria 2022 – Omelia

La festa della Natività della Beata Vergine Maria è una delle manifestazioni più commoventi della devozione mariana del popolo tuderte, che l’8 settembre di ogni anno si raccoglie numeroso in questa casa della Chiesa, intitolata alla Madonna della Consolazione. Le linee architettoniche di questo tempio – simbolo del Rinascimento, la cui costruzione ha avuto inizio nel 1508 attorno a un’edicola miracolosa raffigurante al suo interno le nozze mistiche di S. Caterina d’Alessandria – evocano il mistero della Pentecoste, il dono dello Spirito Consolatore, “divino Amore”, sceso sugli apostoli raccolti con Maria nel Cenacolo.

In questo giorno di festa, ammaestrati dalla sollecitudine materna di Maria Vergine, supplichiamo Dio, “Padre del Signore nostro Gesù Cristo, Padre misericordioso e Dio di ogni consolazione” (2Cor 1,3), affidando a Lei, “portavoce della preghiera della Chiesa presso il Figlio suo”, l’otre delle nostre lacrime, le quali custodiscono i segreti del cuore, i più indecifrabili. Come ogni mamma sa tradurre alla lettera la lingua del pianto dei propri figli, così la Madre di Dio sa interpretare persino il silenzio delle nostre lacrime: di gioia grande e di commozione, di notte oscura e di lacerazione, di pentimento sincero e di contrizione.

San Gregorio Nazianzeno affermava che le lacrime sono un Battesimo; San Francesco d’Assisi, dal canto suo, diceva che “al Giudizio finale verranno pesate soltanto le lacrime”. Benché silenziose, hanno la loro eloquenza; ad esse si può attribuire quello che il Salmista dice del linguaggio verbale: “La mia parola non è ancora sulla lingua ed ecco, Signore, già la conosci tutta” (Sal 139,4). Le lacrime narrano la “nostalgia di infinito” che abita ogni cuore, raccontano il desiderio di amare e di essere amati. Il pianto – sono i bambini a rivelarlo sin dal momento della nascita – esprime un bisogno vitale: la sete di stabilire relazioni.

Nel vocabolario della lingua parlata da Gesù non manca il pianto: quello per la morte di Gerusalemme, che “non ha conosciuto il tempo in cui è stata visitata” (cf. Lc 19,41-44), e quello della commozione e del turbamento per la scomparsa di Lazzaro (cf. Gv 11,32-36). Gesù, piangendo, si fa carico della condizione di ogni uomo, la cui biografia può essere raccontata anche attraverso le lacrime, quelle versate o rimaste nascoste. “Non sciupare le tue lacrime – raccomandava don Tonino Bello –. Se le versi per terra diventano fango; se le rivolgi al cielo brillano come perle al sole. Gli uomini non le raccolgono perché ne ignorano il valore. Dinanzi alle tue pene altro non sanno fare che tacere. Ma c’è chi le conosce, chi le raccoglie, se tu gliele porgi, e le conta una a una, e le semina per trarne frutti di consolazione”.

Le lacrime sciolgono la durezza del cuore, restituiscono luce agli occhi, accreditano la nostra preghiera. “Il pianto – domanda il Santo Padre Francesco a ciascuno di noi – è nelle tue preghiere?”. Il Salmista assicura che “chi semina nelle lacrime mieterà nella gioia” (Sal 126,5), precisando non solo che il Signore “raccoglie nel suo otre le nostre lacrime”, ma anche che “sono scritte nel suo libro” (cf. Sal 56,9). Oso immaginare che il Signore abbia affidato alla Vergine Maria la missione di compiere quest’opera redazionale, lasciando a Lei i diritti d’autore sulle nostre lacrime! Ella, “all’ombra della Croce”, insegna che il “magistero del pianto” rende lucidi persino gli occhi di Dio il quale, dinanzi alle nostre necessità, continua a ripetere quello che ha suggerito al profeta Geremia di riferire al popolo d’Israele: “I miei occhi grondano lacrime notte e giorno, senza cessare” (Ger 14,17). Egli si lascia commuovere dalla nostra durezza di cuore, di cui è chiaro sintomo la “siccità” del pianto, la “carestia” delle lacrime.

“Sotto la tua protezione cerchiamo rifugio, Santa Madre di Dio”: “consola le nostre pene e ravviva la nostra speranza”. Tu, “mistica aurora della Redenzione”, che a Betlemme hai versato le lacrime di gioia dello stupore e a Gerusalemme quelle di dolore della desolazione, rendici sereni nelle prove della vita, perché “un corpo corruttibile appesantisce l’anima” (Sap 9,15). Tu, “speranza e aurora di salvezza per il mondo intero”, ottienici dal Figlio tuo un cuore “mite e umile”: un cuore semplice, che non si fa dominare dalle emozioni ma si lascia guidare dallo Spirito Consolatore; un cuore puro, che non rinuncia a esprimere i sentimenti più intimi con l’idioma delle lacrime: una lingua parlata da tutti noi, ma che solo tu, Madre del Redentore, sai ascoltare e comprendere.

+ Gualtiero Sigismondi

Todi - Chiesa di S. Maria della Consolazione
08-09-2022