Festa dell’Amore Misericordioso 2021 – Omelia

Fratelli e sorelle carissimi, la solennità odierna – incastonata nel calendario liturgico della Diocesi di Orvieto-Todi – ci invita ad attingere al torrente in piena del Cuore aperto di Cristo, per trovare misericordia, di cui tutti dobbiamo fare buona scorta ogni giorno.

La lex orandi ci consegna una formula di fede bellissima: “Dio manifesta la sua onnipotenza soprattutto con la misericordia e il perdono”. La misericordia è il profondo respiro della passione che Dio ha per l’uomo. La misericordia è la lungimiranza dell’amore di Dio che non vuole la morte del peccatore ma che si converta e viva (cf. Ez 33, 11). La misericordia è una forza operante anche quando il movimento di conversione non è ancora compiuto, ma appena iniziato. La misericordia fa auscultare il battito del cuore di Dio, il movimento sistolico della commozione e quello diastolico della compassione, come si evince dalla prima lettura (cf. Os 11,1.3-4.8-9). La misericordia manifesta l’infinita bontà di Dio, il quale si china sull’uomo, lo solleva alla sua guancia, gli insegna a camminare, tenendolo per mano, indicandogli la via della carità – tracciata da Paolo nella seconda lettura –, che “tutto scusa, tutto crede, tutto spera, tutto sopporta” (cf. 1Cor 13,7). La divina misericordia tutto copre ma nulla nasconde: “Quanto dista l’oriente dall’occidente – assicura il Salmista – così allontana da noi le nostre colpe” (cf. Sal 102).

La grazia della divina misericordia “sovrabbonda dove abbonda il peccato” (cf. Rm 5,20). Rivela che Dio è paziente, clemente, indulgente, ci ama “fino alla fine”. Questa espressione risuona nel Vangelo appena proclamato: è Gesù a pronunciarla prima della sua Pasqua. (cf. Gv 13,1). Osiamo varcare la soglia del Cenacolo per renderci conto di quanto sia smisurato, sviscerato, incondizionato e appassionato l’amore di Dio per ogni uomo. Dentro il Cenacolo si ode una “colonna sonora”: il profondo silenzio dei discepoli, stupiti al vedere Gesù che si accinge a lavare loro i piedi. Il silenzio è rotto soltanto dalla voce dell’acqua e commentato dagli sguardi imbarazzati dei discepoli. Proviamo ad accostarci ad alcuni di loro per vedere più da vicino la scena.

Quando Gesù si appresta a lavare i piedi a Pietro, egli tenta invano di resistere. Costretto alla resa, i suoi occhi si gettano nel catino: cercano una via di fuga e trovano riparo nell’acqua, ove si specchiano nello sguardo del Maestro.

Quando Gesù lava i piedi a Giovanni, il discepolo amato sente la tachicardia del cuore del Signore. Egli stringe forte i suoi piedi con l’asciugatoio per fargli sentire, alla vigilia della morte di croce, il suo grande affetto di predilezione.

Quando Gesù lava i piedi a Tommaso, il discepolo che per credere vuole vedere e toccare le piaghe dell’Uomo dei dolori, il Signore si avvicina a lui con la stessa delicatezza con cui, otto giorni dopo la sua Pasqua, lo invita a osare.

Quando Gesù lava i piedi a Giuda, già sedotto dal diavolo, il suo cuore indurito viene disarmato da quello “mite e umile” del Maestro. Nel catino il Signore versa l’otre, colmo fino all’orlo, del sudore di sangue e delle lacrime amare.

Gesù, lavando i piedi dei discepoli, rende omaggio, in ginocchio, a coloro i quali, dopo la sua morte e risurrezione, sono candidati a portare, fino agli estremi confini della terra e del tempo, il primo annuncio della gioia pasquale.

Fratelli e sorelle carissimi, il gesto della lavanda dei piedi si compie, per noi, nel sacramento della Riconciliazione. Dio, Padre di misericordia, mediante il ministero della Chiesa lava non i piedi, le mani e il capo di noi peccatori, bensì i deserti dell’anima e ci restituisce l’innocenza battesimale. È per me motivo di grande consolazione sapere che il Santuario di Collevalenza è una “Porta santa” aperta a tutti coloro che, con cuore contrito e umiliato, desiderano tuffarsi nell’oceano di pace della divina misericordia. “Nulla può rimettere la Chiesa senza Cristo – avverte il beato Isacco della Stella – e Cristo non vuole rimettere nulla senza la Chiesa”. Essa è messaggera e testimone dell’infinita bontà di Dio, del suo amore misericordioso, che non si rassegna di fronte al peccato dell’uomo e non si arrende neppure davanti alla sua infedeltà (cf. 2Tm 2,13). Chiediamo al Signore di aiutarci a non dimenticare che la dolcezza del perdono passa attraverso il “lavacro” del sacramento della Penitenza, “seconda tavola di salvezza dopo il Battesimo”.

+ Gualtiero Sigismondi

Collevalenza, Santuario dell'Amore Misericordioso
26-09-2021