Solennità della Madre di Dio e Giornata Mondiale della Pace – L’omelia del Vescovo Gualtiero

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La liturgia ci introduce nel nuovo anno solare invitandoci a supplicare la Madre di Dio, “Regina della pace”, di ottenerci dal Figlio suo, “Principe della pace”, la grazia di “ricercare sempre quella giustizia che può garantire una pace stabile e autentica”. La gloria, contemplata dagli angeli nel più alto dei cieli, ha un suo riflesso sulla terra: la pace (cf. Lc 2,14). Essa viene dall’alto ed è data in dono agli uomini, chiamati a farla fruttare attraverso scelte e stili di vita coerenti. Non c’è pace senza pane, non c’è pane senza giustizia, non c’è giustizia senza libertà, non c’è libertà senza verità, non c’è verità senza carità, non c’è carità senza fraternità.

In un mondo lacerato da lotte e discordie, il cammino della pace comincia all’interno del cuore, dal suo disarmo. “Il mondo cambia – avverte Papa Francesco – se i cuori cambiano; e ognuno deve dire: a partire dal mio”. Il cuore umano è il primo “angolo” che ha bisogno di pace e, al tempo stesso, è il primo “tavolo della pace”, ove i nemici si aprono al dialogo e gli avversari si stringono la mano. “Il prezzo della pace – diceva San Giovanni Paolo II – è la fatica del perdono”. “Porgere l’altra guancia” non è una tattica buonista, da intendere come un orizzonte a cui tendere, ma una strategia intelligente e lungimirante, la prima fase di un processo di de-escalation in grado di avviare il “cessate il fuoco”. La guerra e la violenza si disinnescano con gesti di pace, alzando il piede dall’acceleratore della tensione. Come il nemico è dentro di noi, l’odio che scorre nelle vene, così è dentro di noi che la pace comincia: è nei cuori che “s’intesse come un lento lavoro d’artigiano”.

Fratelli e sorelle carissimi, oso ricordare a me e a voi l’appello di Francesco d’Assisi riferito dalla Leggenda dei tre compagni: “La pace che annunziate con la bocca, abbiatela ancor più copiosa nei vostri cuori” (XIV,58: FF 1469). Isaia profetizza che la pace, oltre a trasformare le spade in aratri e le lance in falci (cf. Is 2,1-5), rende possibile la convivialità tra lupo e agnello, tra lattante e vipera (cf. Is 11,1-10). “Saremo capaci, con l’aiuto di Dio, di fare passi concreti di pace?”. Questo interrogativo, sollevato da Papa Francesco, ci interpella personalmente e ci chiama a “pavimentare le vie della pace”. Tale opera di “pavimentazione” – scrive il Santo Padre nel suo messaggio per la LVII Giornata Mondiale della Pace – chiede a tutti “il dovere di allargare lo sguardo e di orientare (anche) la ricerca tecnico-scientifica al perseguimento della pace e del bene comune, al servizio dello sviluppo integrale dell’uomo e della comunità”.

Navigando in un frangente tempestoso come quello attuale, in cui si avverte la mancanza di rotte coraggiose di pace, il Signore ci aiuti a uscire da ogni conflitto, da quelli più piccoli che viviamo nelle nostre case, nelle relazioni sociali, a quelli grandi che non riusciamo a controllare, ma che ci riguardano, ci coinvolgono e ci chiamano – osserva Papa Francesco nel suo recente messaggio natalizio in occasione della Benedizione “Urbi et Orbi” – “a dire no alla guerra, a ogni guerra, alla logica stessa della guerra, viaggio senza meta, sconfitta senza vincitori, follia senza scuse. Ma per dire no alla guerra bisogna dire no alle armi”. “Le uniche armi che approvo – affermava don Lorenzo Milani – sono nobili e incruente: lo sciopero e il voto”.

Apprendere il lessico della pace significa riscoprire il valore della gentilezza, senza la quale è impossibile aprire la strada che porta alla pace: quella del dialogo. La gentilezza aiuta ad abbattere le barriere, a costruire ponti; è una postura dello spirito oltre che del corpo: sgorga come acqua fresca da una fonte in alta montagna. Alleata della mitezza, la gentilezza ha molteplici sfumature, diversi registri, che vanno dalla cortesia delle forme alla cordialità dei modi, dalla giovialità del carattere all’affabilità d’animo. La gentilezza ha il suo galateo, quello dello sguardo limpido e del linguaggio mite, che non conosce i fremiti dell’orgoglio e dell’ira.

Fratelli e sorelle carissimi, la “divisa” degli “operatori di pace” non è la “mimetica”, ma il “giubbotto ad alta visibilità” del coraggio del confronto e del dialogo, “a viso aperto”, di cui ha grande bisogno anche la nostra città che, all’inizio dell’anno, si dà appuntamento in Duomo per implorare da Dio il dono della pace e per vivere uno dei momenti centrali di Umbria Jazz Winter, animato stasera dal Virginia State Gospel Choir. Il Gospel, la più antica espressione di spiritualità delle comunità americane finalizzata a diffondere il Vangelo attraverso la musica, ci offre l’occasione di confessare che non si può dare la pace se non si è in pace.

+ Gualtiero Sigismondi

Orvieto – Basilica Cattedrale
01-01-2024