Se l’autorità si trasforma in potere. Intervista a don Carlo Franzoni

I partecipanti alla giornata di fraternità del clero umbro
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Il 19 ottobre si è svolta la Giornata di fraternità del clero umbro sul tema “Il presbitero e l’esercizio del potere”. Ne abbiamo parlato con don Carlo Franzoni.

Don Carlo, quali sono i temi principali emersi dalla giornata di fraternità del 19 ottobre?

La “Giornata Regionale del Clero” umbro è ormai un appuntamento imprescindibile per tutti i presbiteri e i diaconi dell’Umbria che puntualmente, da diversi decenni, si trovano insieme ai loro vescovi per condividere un momento di intensa formazione spirituale e pastorale vissuto in un clima di fraternità. Quest’anno il tema proposto dalla Commissione Presbiterale Regionale è stato “Il presbitero e l’esercizio del potere” che è stato illustrato da don Giuseppe Forlai, Direttore Spirituale del Seminario Romano Maggiore. A partire dal titolo il relatore ha illustrato il carattere ministeriale della missione presbiterale, che necessariamente implica anche una “potestà” strettamente legata e conseguente al sacramento dell’Ordine e alla missione che ne consegue. Si tratta quindi dell’esercizio di un’autorità che il presbitero è tenuto ad esercitare nella propria missione come espressione di quella del proprio Vescovo di cui è collaboratore. Come accade in altri ambiti, non ultimo quello dell’impegno politico o di quello dei laici nella Chiesa, sussiste però l’alto rischio che questa autorità e questo potere, con il tempo e per vari motivi, non sia più espressione di un ministero, nel senso più autentico ed etimologico del termine che sta a significare la forma più alta di un servizio vissuto in riferimento a “Cristo servo”, ma si trasformi in “potere” e generi quindi situazioni di vero e proprio abuso. Altrettanto rischiosa e addirittura grave può essere la situazione in cui il presbitero rinunci all’esercizio di quella autorità che è propria del ministero e della missione sacerdotale, senza la quale non si può essere pastori.

A partire da tali considerazioni e grazie anche ai numerosi interventi dei partecipanti si sono andate delineando le caratteristiche proprie dell’autorità dei ministri ordinati nell’esercizio della pastorale in generale, e soprattutto nell’ambito della direzione spirituale, dove i rischi di abuso sono più insidiosi e frequenti. In particolare è emersa la necessità di coltivare, innanzitutto da parte dei presbiteri, una fede profonda e un rapporto personale autentico con Gesù Cristo in modo da favorire l’azione della Grazia di Dio. Solo a partire da tale vissuto personale sarà poi possibile orientare e guidare i fratelli sulla stessa strada con la costante accortezza di non pretendere mai di sostituirsi a Dio, ma, al contrario, educandoli ad istaurare un rapporto profondo con il Signore per lasciarsi guidare dallo Spirito Santo mediante una coscienza illuminata da fede autentica.

Che significato ha avuto questa giornata, anche in prospettiva del cammino sinodale in corso?

Nel corso della relazione è più volte emerso come la connessione tra vita presbiterale e cammino sinodale sia evidente a partire dalla stessa natura del ministero presbiterale, che non è mai l’esercizio personale di un particolare mandato, ma l’espressione del Presbiterio, cioè di tutta la comunità presbiterale in comunione con il proprio Vescovo. È stato inoltre sottolineato come un’autentica riforma di vita presbiterale più consona ai tempi attuali sarà possibile ed efficace solo se sarà frutto di un confronto sinodale dal quale poi i vescovi potranno trarre delle indicazioni che “non pioveranno dall’alto”, ma costituiranno invece una risposta alla voce dello Spirito Santo da cui la Chiesa trae costantemente vita.

Qual è quindi il ruolo della Chiesa nel mondo di oggi?

Oggi, più che mai, come ci dice il vangelo e come ci ha ricordato lo stesso Concilio Vaticano II, la Chiesa è chiamata ad essere “luce delle genti”, non per promuovere o affermare se stessa, ma per costruire “dal basso” e con spirito di servizio il Regno di Dio di cui fanno parte tutti “gli uomini amati dal Signore”. Non si tratta di un’utopia, ma al contrario di una risposta concreta alla sete di verità e di umanità di tutti gli uomini e le donne del nostro tempo, sete insaziabile che solo attingendo alla Grazia di Dio può permettere la costruzione di un mondo più giusto e più fraterno capace di realizzare quella pace autentica che solo Dio può donarci e che inizia a manifestarsi innanzitutto nel cuore di ciascun figlio e figlia di Dio.

Qual è la situazione attuale del clero della nostra Diocesi?

Se facessimo riferimento esclusivamente alle cifre la situazione dei diaconi e dei presbiteri della nostra diocesi di Orvieto-Todi sarebbe da definire preoccupante, se non addirittura drammatica, sia in riferimento al numero che all’età, ma sappiamo bene che la Chiesa non è un’istituzione umana e che lo Spirito Santo che l’ha fatta nascere a Pentecoste non l’abbandona mai. La crisi del clero è innanzitutto riflesso e conseguenza della crisi di fede e demografica della realtà sociale nella quale viviamo, ma ciò non deve trasformarci in “profeti di sventura”. Sappiamo bene dalla storia che la Chiesa e le nostre diocesi hanno vissuto nel passato periodi ancor più difficili di quello attuale e che i momenti di crisi hanno poi dato vita a svolte positive e a riforme significative capaci di suscitare nuove forme di santità. Sta a noi ascoltare la voce dello Spirito, leggere la realtà alla luce della fede e comprendere cosa voglia dirci il Signore che ci chiama a vivere questa realtà del nostro tempo. Solo così, innanzitutto noi preti e diaconi, potremo impegnarci a vivere con maggiore impegno e dedizione e soprattutto in uno spirito di fraternità, la nostra missione ed essere quindi testimoni credibili e gioiosi del nostro ministero, capaci di attrarre giovani e suscitare nuove e sante vocazioni alla vita consacrata. Viviamo un tempo favorevole in cui il desiderio di Dio è spesso latente e non percepito, ma in realtà più vivo che mai. Come consacrati rispondiamo per primi a queste attese del nostro tempo e disponiamoci, con spirito di servizio, bene attenti ad evitare ogni forma di abuso di potere, ad essere docili ed umili strumenti della Grazia di Dio.

A.R.

Versione integrale dell’intervista pubblicata sul settimanale regionale La Voce del 27/10/2023