Oggi, sabato 18 maggio, alle ore 18.30 in Cattedrale, Mons. Gualtiero Sigismondi ha presieduto la solenne Veglia di Pentecoste.
“La Chiesa si consolidava e camminava nel timore del Signore e, con il conforto dello Spirito santo, cresceva di numero (At 9,31)”: è il versetto tratto dagli Atti degli Apostoli con cui ha avviato l’omelia, auspicando che questo ritratto delle prime comunità cristiane si realizzi anche per la nostra Diocesi!
“Consolidare, camminare, crescere” è, oggi come ieri, “la rotta da seguire per essere fedeli al mandato del Risorto: ‘Andate in tutto il mondo e proclamate il Vangelo a ogni creatura’ (Mc 16,15)”.
Consolidare. “La Chiesa si consolida nella fede – ha detto – attraverso l’ascolto della Parola, ‘spada dello Spirito’ (cf. Ef 6,17)”. “Consolidare è la grande opera di riforma a cui la Chiesa è chiamata anche in questa stagione ecclesiale, segnata da grandi sfide e inedite opportunità”.
Camminare. “La Chiesa cammina insieme nel timore del Signore tenendo il passo della sinodalità”. “È venuto il momento – ed è questo! – di immaginare e mettere in atto delle forme di presenza pastorale coraggiose e innovative, reinterpretando il concetto di parrocchia, il ministero del parroco e degli operatori pastorali, le modalità dell’evangelizzazione, lasciando alle spalle il retaggio di tempi passati e concentrando le forze sull’essenziale […] avendo ‘un cuore solo e un’anima sola’ (cf. At 4,32)”.
Crescere. “La Chiesa cresce di numero trasmettendo la fede ‘da persona a persona, da cuore a cuore'”. “Perseverando ‘nell’insegnamento degli apostoli e nella comunione, nello spezzare il pane e nelle preghiere’ (At 2,42), la prima comunità cristiana aumenta di numero; ma è soprattutto la Parola a crescere e a diffondersi. Come agli inizi della predicazione del Vangelo la persecuzione non arresta la corsa dell’Annuncio pasquale, così, nelle circostanze attuali, i ‘rovi’ di una fede languida, di una carità tiepida e di una speranza vacillante non riescono a soffocare il seme della Parola”.
Lo Spirito santo ci ricorda la promessa fatta da Gesù a Pietro nella regione di Cesarea di Filippo: “Le potenze degli inferi non prevarranno sulla Chiesa” (Mt 16,18). Lo Spirito santo irradia la luce della speranza …
Il testo integrale dell’omelia
“La Chiesa si consolidava e camminava nel timore del Signore e, con il conforto dello Spirito santo, cresceva di numero” (At 9,31). Questo ritratto delle prime comunità cristiane della Giudea, della Galilea e della Samaria, tracciato negli Atti degli apostoli, si realizzi anche per la nostra Diocesi! La Chiesa si consolida alla luce della Parola, cammina nel timore del Signore tenendo il passo della sinodalità, cresce di numero trasmettendo la fede “da persona a persona, da cuore a cuore”. Questa è la rotta da seguire – consolidare, camminare, crescere – per essere fedeli al mandato del Risorto: “Andate in tutto il mondo e proclamate il Vangelo a ogni creatura” (Mc 16,15).
Consolidare è la grande opera di riforma a cui la Chiesa è chiamata anche in questa stagione ecclesiale, segnata da grandi sfide e inedite opportunità. Ogni opera di consolidamento ha bisogno di ponteggi, come quelli fissati nella nostra Cattedrale. Di recente, in occasione della Visita ad limina, entrando in San Pietro mi ha colpito una grande e intricata impalcatura, non ancora coperta dai teli, allestita attorno al Baldacchino del Bernini. La forte impressione suscitata da questo impatto visivo ha accresciuto in me la consapevolezza che la Chiesa, “semper reformanda”, si consolida nella fede attraverso l’ascolto della Parola, “spada dello Spirito” (cf. Ef 6,17). È lo Spirito santo, infatti, che la “introduce nella pienezza della verità, la unifica nella comunione e nel ministero, la provvede e dirige con diversi doni, la abbellisce dei suoi frutti, la fa ringiovanire con la forza del Vangelo, la rinnova e la conduce alla perfetta unione col suo Sposo” (cf. Lumen gentium, 4).
Conservando “un contatto continuo con le Scritture”, la Chiesa si consolida e così impara a camminare insieme nel timore del Signore. Forte e insidiosa è la tentazione di muoversi da soli, anziché procedere “in cordata”, appiattendosi o irrigidendosi nella difesa del comodo criterio del “si è fatto sempre così”. È venuto il momento – ed è questo! – di immaginare e mettere in atto delle forme di presenza pastorale coraggiose e innovative, reinterpretando il concetto di parrocchia, il ministero del parroco e degli operatori pastorali, le modalità dell’evangelizzazione, lasciando alle spalle il retaggio di tempi passati e concentrando le forze sull’essenziale, ossia su quello che veramente è nutrimento per la fede e per l’edificazione della Chiesa, coniugando “nova et vetera”, ma soprattutto avendo “un cuore solo e un’anima sola” (cf. At 4,32).
Perseverando “nell’insegnamento degli apostoli e nella comunione, nello spezzare il pane e nelle preghiere” (At 2,42), la prima comunità cristiana aumenta di numero; ma è soprattutto la Parola a crescere e a diffondersi (cf. At 12,24; 13,49; 19,20). Come agli inizi della predicazione del Vangelo la persecuzione non arresta la corsa dell’Annuncio pasquale, così, nelle circostanze attuali, i “rovi” di una fede languida, di una carità tiepida e di una speranza vacillante non riescono a soffocare il seme della Parola. Sebbene si moltiplichino impietose diagnosi sul Corpo ecclesiale, tuttavia lo Spirito santo scioglie la prognosi, ricordandoci la promessa fatta da Gesù a Pietro nella regione di Cesarea di Filippo: “Le potenze degli inferi non prevarranno sulla Chiesa” (Mt 16,18). La locuzione latina “non praevalebunt” assicura che le forze del male non possono sopraffare la divina istituzione della Chiesa: su questa fede riposiamo tranquilli e sereni, “lieti nella speranza” (Rm 12,12).
“Di speranza ha bisogno la Chiesa – sottolinea Papa Francesco nell’omelia tenuta in occasione della consegna della Bolla di indizione del Giubileo 2025 Spes non confundit –, perché, anche quando sperimenta il peso della fatica e della fragilità, non dimentichi mai di essere la Sposa di Cristo, amata di un amore eterno e fedele, chiamata a custodire la luce del Vangelo, inviata a trasmettere a tutti il fuoco che Gesù ha portato e acceso nel mondo una volta per sempre”. Senza questa “speranza viva” la missione evangelizzatrice della Chiesa si risolverebbe in una rincorsa affannosa.
La luce della speranza è irradiata dallo Spirito santo, “luce d’eterna sapienza”, “luce beatissima”, come dice la liturgia, “luce gentile”, come suggerisce John Henry Newman in un’invocazione, scritta il 16 giugno 1833, in mare, quando, ancora anglicano, lascia la Sicilia per fare ritorno in Inghilterra, appena ripresosi da una grave malattia. “Guidami Tu, luce gentile, attraverso il buio che mi circonda, sii Tu a condurmi! (…). Sostieni i miei piedi vacillanti: io non chiedo di vedere ciò che mi attende all’orizzonte, un passo solo mi sarà sufficiente (…). Sii Tu a condurmi! (…). Landa dopo landa, palude dopo palude, oltre rupi e torrenti, finché la notte scemerà”.
+ Gualtiero Sigismondi