Veglia diocesana di preghiera per le vocazioni, Mons. Sigismondi: “Ogni vocazione è un seme che ha la sua stagione di crescita nel terreno senza confini dei cuori”

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Si è svolta la sera di sabato 20 aprile, presso la chiesa parrocchiale di Ammeto, la Veglia diocesana di preghiera in occasione della 61a Giornata mondiale di preghiera per le vocazioni. Tanti i fedeli, giunti dalle varie Unità pastorali, riunitisi intorno al Vescovo Gualtiero Sigismondi, che ha presieduto l’incontro. In un clima familiare e gioioso, dinanzi al Santissimo Sacramento, è stata innalzata una corale supplica, perché ì giovani comprendano ciò a cui Dio li chiama e abbiano il coraggio di farlo, e perché chi ha già detto il suo “sì” sia fedele alle promesse fatte.
I canti, i segni, la Parola e le parole del Vescovo hanno aiutato i presenti a immergersi in un profondo clima di preghiera.
Mons. Gualtiero ha iniziato la sua riflessione con la similitudine del buon Pastore, presentata dalla liturgia della IV Domenica di Pasqua, sottolineando la melodia e la bellezza dell’insegnamento del pastore. Ha, poi, aiutato a contemplare la bellezza sponsale della “metropoli celeste”, la città santa, la Gerusalemme nuova, che scende “dal cielo, da Dio, pronta come una sposa adorna per il suo sposo” (Ap 21,2).
A seguire, si è soffermato sull’importanza dell’ascolto: “Il volto di Gesù ‘gronda luce’ ma la voce del Padre, che esce dalla nube, non dice di contemplare lo splendore di bellezza del Figlio suo, ma invita ad ascoltarlo (cf. Lc 9,35). L’ascolto è, in effetti, la forma più alta di contemplazione, quella più efficace e incisiva”, il cui frutto maturo è la conversione, che coinvolge la mente e raggiunge il cuore; “un processo di riforma interiore suscitato dallo Spirito, che inaugura il cammino della sequela”, le cui pietre miliari sono la libertà, la gratuità, la fedeltà e la letizia. Un itinerario che “nella varietà dei percorsi – ha aggiunto – ha una radicale ‘forma comunitaria’ e può essere assolto solo come ‘un’opera collettiva'”, con fiducia e attenzione alle sorprese dell’amore di Dio.
“Ogni percorso vocazionale – ha, quindi, detto, volgendo al termine – è sempre una sorpresa, un’opera d’arte della fantasia di Dio che, con il ‘dito della Sua mano’, lo Spirito santo, modella la creta, l’argilla dell’uomo … Ogni vocazione è come una sorgente di vita nuova: non è un disegno già compiuto nei minimi particolari, ma, al contrario, è un seme che ha la sua stagione di crescita nel terreno senza confini dei cuori”.
L’incontro si è concluso con l’Atto di consacrazione alla Beata Vergine Maria, altro momento molto significativo ed intenso, in cui il Vescovo ha affidato ognuno, e in particolare i giovani della Diocesi, a Maria Santissima.

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IL TESTO INTEGRALE DELLA RIFLESSIONE DI MONS. GUALTIERO SIGISMONDI

La Giornata mondiale di preghiera per le vocazioni cade la quarta Domenica di Pasqua, in cui la liturgia della Parola presenta la similitudine del buon Pastore che, nei graffiti delle Catacombe romane, è raffigurato non solo con la pecora sulle spalle, ma anche seduto con in mano il bastone, intento a suonare il flauto. La musica è segno della melodia e della bellezza dell’insegnamento del pastore. Il lungo cammino ha bisogno di una pausa, per recuperare le forze e fare il punto della situazione. La pecorella è adagiata accanto al pastore e lo guarda e ascolta con fiducia. Il luogo, inoltre, è avvolto come in una cornice dall’albero della vita. È l’albero posto al centro del giardino dell’Eden (cf. Gen 2,8); è lo stesso albero che, rinnovato dal sangue dell’Agnello, si ritrova nell’Apocalisse. Un albero che “dà dodici raccolti e produce frutti ogni mese, le foglie dell’albero servono a guarire le nazioni” (Ap 22,2).

“Vidi un cielo nuovo e una terra nuova” (Ap 21,1a). Il libro dell’Apocalisse si chiude con questa visione, che apre lo sguardo sulla città santa, la Gerusalemme nuova. Giovanni, il veggente, di fronte a così incomparabile bellezza sembra fare la spola tra stupore e meraviglia. Forse l’incanto di Giovanni è simile a quello che si prova quando si entra in Piazza San Pietro, in Vaticano: il cuore avverte di essere avvolto dal Colonnato del Bernini, l’occhio trova nella cupola di Michelangelo un punto di approdo tra cielo e terra, il silenzio ascolta la gioia grande di sentirsi a casa, custodito dall’abbraccio materno della Chiesa.

“Vidi anche la città santa, la Gerusalemme nuova, scendere dal cielo, da Dio, pronta come una sposa adorna per il suo sposo” (Ap 21,2). In questa visione colpisce lo sguardo fisso sulla Gerusalemme nuova, la “metropoli celeste” come la chiama San Gregorio Nazianzeno, acclamata dagli angeli per la sua bellezza sponsale. In questa visione sorprende che il movimento del corteo nuziale non sia ascensionale ma discendente, così come è avvenuto tanto nella “pienezza del tempo”, quando “il Verbo di Dio si è fatto carne” (cf. Gv 1,14a), quanto nell’ora della Croce, fissata dal Padre e stabilita dall’obbedienza del Figlio, scoccata con l’abbassamento della morte (cf. Fil 2,7-8). Analogamente, alla fine dei tempi, sarà il cielo a venire incontro alla terra, allo stesso modo in cui il sole, all’alba, “esce come sposo dalla stanza nuziale” (Sal 19,6).

“Udii allora una voce potente, che veniva dal trono e diceva: ‘Ecco la tenda di Dio con gli uomini!’” (Ap 21,3). In una scena tutta dominata dalla luce risuona una voce potente, come è accaduto il giorno della Trasfigurazione: “Questi è il Figlio mio, l’amato; ascoltatelo!” (Mc 9,7). Il volto di Gesù “gronda luce” ma la voce del Padre, che esce dalla nube, non dice di contemplare lo splendore di bellezza del Figlio suo, ma invita ad ascoltarlo (cf. Lc 9,35). L’ascolto è, in effetti, la forma più alta di contemplazione, quella più efficace e incisiva. Frutto maturo dell’ascolto è la conversione, che coinvolge la mente (cf. Ef 4,23-24) e raggiunge il cuore (cf. Ez 11,19). Si tratta di un processo di riforma interiore suscitato dallo Spirito, che inaugura il cammino della sequela, sostenuto dalla libertà, modulato dalla gratuità, tradotto dalla fedeltà e amplificato dalla letizia.

La libertà, la gratuità, la fedeltà e la letizia costituiscono, per così dire, le pietre miliari dell’itinerario della sequela che, nella varietà dei percorsi, ha una radicale “forma comunitaria” e può essere assolto solo come “un’opera collettiva”. Nel Vangelo si viene chiamati personalmente, si risponde uno ad uno, ma si parte insieme, sotto la scorta della mediazione ecclesiale. La presunzione di muoversi da soli, in ordine sparso, espone alla nostalgia del passato, che induce a volgersi indietro, all’incertezza del presente, vissuto senza sollevare lo sguardo, ai calcoli per il futuro, che impediscono di essere fiduciosi e attenti alle sorprese dell’amore di Dio. Ogni percorso vocazionale è sempre una sorpresa, un’opera d’arte della fantasia di Dio che, con il “dito della Sua mano”, lo Spirito santo, modella la creta, l’argilla dell’uomo.

“Ecco, io faccio nuove tutte le cose” (Ap 21,5). Questa non è una promessa, ma una benedizione, da cui si evince che “ogni percorso vocazionale non vede aprirsi di colpo sotto i piedi un cammino tracciato in anticipo”. Ogni vocazione è come una sorgente di vita nuova: non è un disegno già compiuto nei minimi particolari, ma, al contrario, è un seme che ha la sua stagione di crescita nel terreno senza confini dei cuori.

+ Gualtiero Sigismondi


Atto di consacrazione alla Beata Vergine Maria

            Madre del Redentore e della Chiesa, tu ci inviti a tenere fisso lo sguardo su Gesù e noi ti chiediamo di volgere gli occhi verso di noi: in particolare sulle giovani generazioni, che affidiamo e consacriamo a te, Madre di misericordia.

            A Nazaret il tuo Cuore immacolato ha pronunciato l’Amen dell’obbedienza della fede: indicaci la via dell’abbandono alla fedeltà di Dio.

            Nella casa di Elisabetta la tua sollecitudine ha moltiplicato la gioia e aumentato la letizia: concedici di avere “un cuore solo e un’anima sola”.

            A Betlemme hai velato di stupore il frutto benedetto del tuo seno, Gesù: aiuta le nuove generazioni a guardare in alto, a sollevare lo sguardo.

            In Egitto la tua disarmante semplicità ha messo in fuga l’ansia: insegnaci a non legare la forza dei sentimenti alla prepotenza degli istinti. 

            Al Tempio la tua premura materna ha conosciuto il turbamento dell’angoscia: ottienici la sapienza di coniugare autorevolezza e affetto. 

             A Cana la tua delicata discrezione ha ottenuto una primizia della gioia pasquale: dona alla Chiesa una “rinnovata giovinezza dello spirito”.

            Sul Golgota il tuo silenzio ha registrato l’ora della desolazione: chiedi al Figlio tuo di far fiorire il deserto vocazionale della nostra terra.

             A Pentecoste hai atteso la discesa dello Spirito santo: rinnova nella Chiesa il fervore missionario degli inizi della predicazione del Vangelo.

            Madre del Redentore e della Chiesa, ci lasciamo raggiungere dal tuo sguardo e riceviamo la luce del tuo volto sereno. Siamo certi di essere preziosi ai tuoi occhi: con cuore semplice ci consacriamo a te e confidiamo nella tua intercessione. Amen  

+ Gualtiero Sigismondi