Con un comunicato congiunto della Diocesi di Orvieto-Todi e della Federazione Santa Chiara e Sant’Agnese d’Assisi, indirizzato alle parrocchie coinvolte e alle tante persone legate da vincoli spirituali e di affetto alle clarisse del monastero di Santa Chiara in Montecastrilli, il 7 ottobre scorso è stata ufficializzata, purtroppo, la notizia della prossima chiusura dello stesso monastero. Nel documento si leggono le motivazioni, vengono espressi sentimenti di affetto e gratitudine, un corale rendimento di grazie e, al contempo, vi è l’esortazione a “vivere con serenità questo momento così difficile e doloroso”, quale dono più grande da poter fare alle suore, la cui comunità per secoli ha intrecciato la sua storia con quella del paese. Una triste situazione che accomuna, anzitutto per la mancanza di nuove vocazioni, tanti monasteri e istituti religiosi in Italia e nel mondo.
Il 20 ottobre, mons. Gualtiero Sigismondi ha presieduto la messa presso la chiesa del monastero, concelebrata da tutti i cinque sacerdoti della Unità pastorale San Callisto e dal diacono di Montecastrilli (l’unico nella zona). Preziosa la presenza delle sette abbadesse dei rispettivi monasteri che accoglieranno le altrettante sorelle.
Chiare, illuminanti e profonde le parole pronunciate all’omelia da mons. Gualtiero, che ha iniziato sottolineando quanto le letture offerte dalla liturgia del giorno fossero particolarmente adatte per vivere in spirito e verità quel momento. A partire dal Vangelo di Luca (12, 1-7), con il duro discorso di Gesù sull’ipocrisia, “lievito acido dei farisei”. E nessuna parola ipocrita sulla chiusura di questo monastero è stata pronunciata dal Vescovo, che ha affermato: “Il primo ad essere ipocrita sarei io stesso se mi limitassi a piangere sulla chiusura di questo luogo, per secoli luogo di preghiera. Il primo ad essere ipocrita sarei io stesso se mi accontentassi di dire che la decisione è stata presa dalla Santa Sede: no, è stata condivisa. Sarei ipocrita se dicessi che questa decisione è appellabile: è inappellabile. Si tratta di una decisione che coinvolge tutti, nessuno escluso”.
Coinvolge il Vescovo e la Madre presidente della federazione, che insieme hanno verificato la mancanza di possibilità, purtroppo, di fare altrimenti; i presbiteri, anch’essi consapevoli che l’esodo delle sorelle – l’esodo, non l’esilio, ha voluto sottolineare – è inesorabile; i fedeli laici della parrocchia, “pronti anche a raccogliere firme per impedire questo sofferto esodo, che – non facciamoci illusioni – è il risultato finale di un processo di allontanamento dalla fede, che non risparmia nemmeno le nostre famiglie”, e che determina quella carestia vocazionale che riguarda non solo le suore ma anche i preti; coinvolge le stesse clarisse, che da tempo “toccano con mano le difficoltà fisiche, legate all’età che avanza, e quelle spirituali, connesse alla vita comune, alla fatica di questa salita ad alte quote che è la vita comune fraterna”.
Lasceranno un luogo bellissimo, su cui è impressa la preghiera di secoli e c’è l’ipoteca di un popolo di Dio che le ha sempre amate: “Vi sarà difficile, ma questa è l’ora di chiamare sorella ‘Madonna Povertà’”. Si separeranno anche fisicamente tra loro: “Nel momento in cui è necessario partire – ha detto -, vi faccia buona la strada questa frase: ‘Basta che trovi un Tabernacolo’”, una “perla preziosa”, che ha confidato essergli stata consegnata qualche mese fa, seppur tra le lacrime, da suor Rita, ultima abbadessa del monastero; una ‘perla’ preziosa e bellissima, perché, da quando l’ha sentita, lo accompagna ogni giorno.
Nel rimarcare, poi, il ritornello del salmo: ‘Tu sei il mio rifugio, Signore’ e il versetto del Vangelo: ‘Anche i capelli del vostro capo sono tutti contati’ – tutte parole giunte in soccorso in questa circostanza – ha detto loro di non aver paura di compiere questo esodo. “Vi attendono delle comunità che, nella loro generosità gratuita, vi faranno toccare con mano che Dio conosce il numero dei vostri capelli, vi custodisce nel palmo della Sua mano … che Lui è il vostro rifugio”.
Il giorno seguente, una prima suora, malata, ha lasciato il monastero. Intanto, finché almeno una clarissa sarà presente, nel monastero sarà celebrata ogni giorno la messa.
Michela Massaro
Articolo pubblicato sul settimanale regionale La Voce del 27/10/2023