XX DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO – ANNO C

Coltiviamo “il giardino fiorito della pace”

14 agosto 2022

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I temi di natura “escatologica” delle domeniche precedenti esprimevano un’esigenza: il credente, nel tenere “lo sguardo fisso su Gesù, colui che dà origine alla fede e la porta a compimento” (Eb 12,) come ci ricorda la seconda lettura di questa domenica, è coinvolto nell’orientare le cose di questo mondo alle più alte esigenze del Regno. È l’esigenza dell’amore per questo mondo che spinge il credente ad essere parte attiva nella costruzione del bene in questo mondo. In perfetta obbedienza a quanto ci ricorda l’evangelista Giovanni: “Dio infatti ha tanto amato il mondo da mandare il suo Figlio unigenito” (cf. Gv 3,16) e per questo amore il Figlio sceglie la via della croce, la stessa via che percorre la Chiesa, chiamata a camminare sulle strade di questo mondo consapevole di essere seme gettato nel “campo del mondo”. Gesù stesso parlando di sé dice: “Se il chicco di grano caduto in terra, non muore rimane solo; se muore, produce molto frutto (Gv 12,24). La via della croce e della solitudine sono la conseguenza di chi sceglie di seguire Gesù fino alla fine o, se si preferisce, “fino in cima”, come affermava il Venerabile Don Tonino Bello. Già Gesù aveva messo in guardia i suoi discepoli di allora e di sempre: “Se hanno perseguitato me, perseguiteranno anche voi” (Gv 15,20). La persecuzione viene dalla ribellione del mondo, che odia chi non si lascia assoggettare dalle dinamiche della falsità e, anche se amato, rifiuta l’amore e uccide chi ama, perché chi è profeta dell’amore, della comunione, della verità è pungolo a chi ad esse si oppone. È dentro questa dinamica che si comprendono le parole di Gesù nel Vangelo di questa domenica: “Sono venuto a gettare il fuoco sulla terra, quanto vorrei che fosse già acceso!” (Lc 12,49). Ancora più scandalizzanti possono essere le parole successive: “Pensate che io sia venuto a portare pace sulla terra? No, io vi dico, ma divisione. (v. 51). La divisione è poi esplicitata in un contesto ben preciso: la famiglia, deputata a custodire l’amore e luogo privilegiato per imparare ad amare. Gesù entra nello specifico delle relazioni: “Si divideranno padre contro figlio e figlio contro padre, madre contro figlia e figlia contro madre”; fino alla deriva della rottura della realtà comunionale che si è generata con l’amore di due coniugi che hanno unito due famiglie: “suocera contro nuora e nuora contro suocera” (v. 53). Gesù descrive un odio bidirezionale, reciproco, capace di accendere gli istinti più primordiali, propri di un tempo in cui si era costretti a lottare per la sopravvivenza. Fatti che purtroppo, invece, anche oggi, riguardano la cronaca. La durezza delle parole di Gesù ci aiutano a tracciare la sua virile umanità, ben distante da un “tenerume melenso” con cui è descritto in qualche catechesi rassicurante. L’amore non è un anestetico o un tranquillante, infatti Gesù è un uomo appassionato, come i profeti, come Giovanni Battista che portano con sé il fuoco della passione. Si ritrova la durezza di Gesù in altri passi del Vangelo: quando s’incammina decisamente verso Gerusalemme, con il volto indurito dalla volontà di portare a compimento la sua missione (cf. Lc 9,51); quando entrato nel tempio si mise a scacciare i mercanti dal tempio (cf Lc 19,45); quando nel contesto del suo imminente arresto ordina ai discepoli che ora è necessario vendere la tunica e comprare una spada (Lc 22,36). La persona stessa di Gesù, la parola fatta carne è divisiva, ce lo ricorda l’autore della lettera agli Ebrei: La parola di Dio è viva, efficace e più tagliente di ogni spada a doppio taglio; essa penetra fino al punto di divisione dell’anima e dello spirito, fino alle midolla, e discerne i sentimenti e i pensieri del cuore (Eb 4,12). Dalle parole di Gesù, risulta evidente che l’amore, nel suo declinarsi nel mondo, è diviso, perché segna una linea di demarcazione invalicabile, tra la verità e la falsità, tra chi è disposto a donare la vita e chi ha come solo criterio il possesso. Una linea che definisce ciò che è bene e ciò che è male. Proprio per la presenza del male nel mondo, non è scontato che l’amore venga accolto e la sua propagazione, opponendosi al male, esacerba gli animi delle persone, le quali possono giungere a considerare l’amore un nemico, fino a desiderare di sopprimerlo. L’amore non è un anestetico o un tranquillante, infatti Gesù è un uomo appassionato, come i profeti, come Giovanni Battista che portano con sé il fuoco della passione. Come Gesù ha fatto esperienza del male presente nel mondo, la Chiesa e i credenti, nell’oggi di ogni epoca, fanno esperienza del male che è nel mondo. Fedeli al testamento d’amore lasciato da Gesù, noi suoi amici, nonostante tutto continuiamo a coltivare dentro la storia “il giardino fiorito della pace” e a costruire nell’armonia delle relazioni, con il Creatore, con il creato e con i fratelli, il Paradiso da cui veniamo e a cui aneliamo.

A cura di don Andrea Rossi