Santa Messa del Giorno di Pasqua 2023- Omelia

Fratelli e sorelle carissimi, quando nasce un bambino si dice che “è venuto alla luce” e, in modo analogo, quando un uomo muore si afferma che “si è spento”. Se il linguaggio comune identifica la vita con la luce e la morte con la tenebra, la preghiera della Chiesa ci consegna questo grido di fede: “Nemmeno le tenebre per te, Signore, sono tenebre e la notte è luminosa come il giorno; per te le tenebre sono come luce” (Sal 139,12). Si tratta di un’invocazione particolarmente adatta ad annunciare la “meraviglia stupenda” della Pasqua del Signore, in cui “le tenebre dell’antica notte – scrive san Leone Magno – hanno ceduto il posto alla vera luce”.

“Cristo Gesù ha vinto la morte e ha fatto risplendere la vita e l’incorruttibilità per mezzo del Vangelo” (2Tm 1,10). Il verbo “risplendere”, riferito da Paolo al termine “vita”, conosce anche altre locuzioni: “dare la vita” (cf. Gv 10,11.15.17;15,13), “perdere la vita” (cf. Lc 9,24). Il Signore ha fatto risplendere la vita offrendola in dono, “facendosi obbediente fino alla morte e a una morte di croce” (Fil 2,8). La gloria della Risurrezione è inscindibilmente congiunta allo scandalo della croce, la cui ombra è velata dalla “festa di luce” dell’alba gioiosa e splendida di quello straordinario giorno dopo il sabato. La liturgia, di fronte a così grande mistero, pone sulle nostre labbra un’antifona, che fa rabbrividire e ardere il cuore: “Il tuo sangue, o Cristo, Agnello senza colpa, è il prezzo della nostra libertà”. Quanto valga l’uomo davanti a Dio lo manifesta il legno della croce, che porta il segno dei chiodi procurati dai nodi della libertà di Adamo.

Nella potenza misteriosa della croce “risplende il potere regale di Gesù crocifisso” che, con la sua Risurrezione, restituisce la gioia al mondo intero, la quale, nella sua pienezza, è il sintomo della vera libertà che Cristo ci ha conquistata. Nel giorno di Pasqua solo Maria di Magdala e l’altra Maria, che “vanno a visitare la tomba di Gesù” (cf. Mt 28,1), sebbene siano affrante dimostrano di essere libere: è l’amore, “forte come la morte” (Ct 8,6), a renderle tali. L’evangelista Giovanni riferisce che la Maddalena si reca da sola al sepolcro, “quando era ancora buio” (cf. Gv 20,1); vedendolo aperto corre a informare Pietro e l’altro discepolo, “quello che Gesù amava” (cf. Gv 20,2). Essi si affrettano a seguire il tragitto che porta alla tomba di Gesù: la trovano vuota, ma si sbrigano a tornare indietro (cf. Gv 20,2-10), senza Maria di Magdala, la quale rimane vicino al sepolcro, all’esterno, in lacrime (cf. Gv 20,11). In quello stesso giorno, “fatto dal Signore”, anche i discepoli di Emmaus prendono la strada del ritorno verso casa: la stanchezza della rassegnazione impedisce loro di riconoscere “Gesù in persona”, che si fa compagno di strada (cf. Lc 24,13-35).

Fratelli e sorelle carissimi, la Pasqua del Signore ci chiama a non cedere il passo al pessimismo che deprime, al timore che isola, allo scoraggiamento che acceca, alla paura che paralizza, ma a tenere fissi i nostri cuori “là dove è la vera gioia”. Paolo VI, nel suo ultimo messaggio Urbi et Orbi – pronunciato il 26 marzo 1978, “raccogliendo quanto ancora gli resta di umana energia e quanto ancora sovrabbonda di sovrumana certezza” –, formula così il suo augurio pasquale, confermandolo con la Benedizione Apostolica: “Cristo è risorto! (…). Egli è venuto incontro agli uomini esterrefatti del grande prodigio della sua nuova esistenza col saluto più semplice e più meraviglioso: ‘Pace per voi!’ (Gv 20,19-21) (…). La nostra pavida incredulità ci obbliga a ripetere con pari impeto le parole di Tommaso: ‘Mio Signore e mio Dio!’ (Gv 20,28) (…). Non abbiamo timore a fare del Credo, che ci è garantito dalla Risurrezione di Cristo, la forma della nostra speranza (cf. Eb 11,1)”.

Come la luce del Redentore inonda la terra di grande splendore, così la gioia della Risurrezione invada nell’intimo i nostri cuori, dissipando quel fondo di dubbio e di scetticismo che ci impedisce di testimoniare, “in spirito e verità”, la “solare chiarezza di Cristo” il quale, “spezzando i vincoli della morte, risorge vincitore dal sepolcro”. L’armonia del Preconio, che apre la Veglia, e la melodia della Sequenza, che introduce il canto al Vangelo, evocano il primo annuncio della gioia pasquale, trasmesso da Giobbe al culmine della sua conversione: “Io so che il mio Redentore è vivo” (Gb 19,25). “A me viene in mente – confida Papa Francesco, commentando questo grido di esultanza – la fine di quell’oratorio geniale di Händel, Il Messia; dopo la festa dell’Alleluia il soprano canta lentamente: Io so che il mio Redentore vive”. Questa è la fede della Chiesa nella Pasqua di Cristo che, nel suo sangue, “sveglia l’aurora di un mondo nuovo”.

+ Gualtiero Sigismondi

Orvieto - Basilica Cattedrale
09-04-2023