II DOMENICA DI AVVENTO - ANNO A

Una profezia che si fa Parola nella carne del Battista

4 dicembre 2022

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LETTURE: Is 11, 1-10; Sal  71; Rm 15, 4-9; Mt 3, 1-12

“La Profezia si fa Speranza nella carne di Giovanni Battista: l’uomo del giorno prima che gioisce al sorgere del nuovo giorno. È consapevole di non abitarlo, ma certo di vederlo. Attenderà lo Sposo per fare festa al banchetto nuziale” 

Dal deserto e dal silenzio, una voce e un germoglio
Emerge dal deserto un uomo, Giovanni Battista, quasi plasmato dall’aridità del deserto, le condizioni di precarietà sembrano il suo grembo che nutre di essenzialità la sua gestazione profetica: “Portava un vestito di peli di cammello e una cintura di pelle attorno ai fianchi; il suo cibo erano cavallette e miele selvatico” (Mt 3,4). Irrompe nel silenzio messianico, la cui scintilla si era accesa a Betlemme alcuni anni prima. Il testo evangelico di questa domenica ci presenta la figura del Battista, subito dopo il brano narrativo che chiude i testi dell’infanzia di Gesù: “Giuseppe dopo il ritorno dall’esilio in Egitto, ritorna a Nazareth con Maria e Gesù” (cf Mt 2,19-23).

Un grido che sveglia l’aurora di salvezza
E poi silenzio, il Vangelo tace sui tanti anni di vita nascosta di Gesù, quasi a custodire il suo mistero. Un silenzio che ritroviamo nel libro di Samuele, mentre narra la sua vocazione, che risveglia il tempo messianico: “La parola del Signore era rara in quei giorni, le visioni non erano frequenti” (1Sam 3,1). È forse necessario che anche Dio taccia, perché la parola nuova risuoni. Ma la parola per essere udita ha bisogno di una voce che le dia suono: “A mezzanotte si alzò un grido – Ecco lo sposo! Andategli incontro -” (Mt 25,6). Ecco la voce che annuncia la venuta dello sposo: “Egli infatti è colui del quale aveva parlato il profeta Isaia quando disse: – Voce di uno che grida nel deserto:/Preparate la via del Signore,/raddrizzate i suoi sentieri!” (Mt 3,3).

Una profezia che si fa Parola nella carne del Battista
Come il Verbo si è fatto carne, così la profezia si è incarnata nella voce di Giovanni Battista e la sua presenza rivela i giorni ultimi della salvezza; un mondo riconciliato passato attraverso il giudizio, che non distingue più tra circoncisi e non circoncisi, ma tra paglia e grano: “Tiene in mano la pala e pulirà la sua e raccoglierà il suo frumento nel granaio, ma brucerà la paglia con fuoco inestinguibile” (Mt 3,12). Giovanni precede la predicazione di Gesù, sulla universalità della salvezza come gli antichi profeti avevano già intravisto: “E non crediate di poter dire dentro di voi – Abbiamo Abramo per padre! Perché io vi dico che da queste pietre Dio può suscitare figli Abramo” (Mt 3,9). Una visione quella del Battista, che fa coincidere la venuta del Messia con il giudizio finale, che ha il suo compimento nella descrizione del profeta Isaia, ossia la visione di un mondo riconciliato: “Il lupo dimorerà con l’agnello; il lattante si trastullerà sulla buca della vipera; il bambino metterà la mano nel covo del serpente velenoso” (Is 11, 6.8).

Il “vessillo” che indica la morte della morte
Ciò che germoglierà dal tronco di Iesse è il Re David, profezia del Messia, ma la visione del profeta ci interroga: “La radice di Iesse si leverà a vessillo per i popoli” (Is 11,10). Un vessillo di vittoria che sarà visto da tutti i popoli e tutte le nazioni lo vedranno e saliranno sul monte del Signore (cf Is 11,10; 2,2-5). È il vessillo della resurrezione, che nelle rappresentazioni del Cristo Risorto ci appare come segno della vittoria sulla morte o il vessillo della croce innalzato sul Golgota? Entrambi sembrano essere i segni da guardare che portano alla redenzione e alla salvezza, come ci ricorda il centurione di fronte alla morte di Gesù: “Davvero quest’uomo era il Figlio di Dio” (Mc 15,38).

Un avvento che ci spinge nel presente per annunciare il futuro
Giovanni Battista è l’uomo dell’avvento, ci insegna ad attendere il Messia non a braccia conserte, ma vivendo nell’impegno il tempo che ci è dato da vivere. Sul suo esempio, che apre una strada nel deserto, ci invita a percorrere le vie dell’uomo, anch’esse desertificate dall’odio e dal dolore, per portare una voce di Speranza della Parola che si è fatta carne. In questo cammino, ogni credente può essere profeta di una parola nuova, con la consapevolezza che ogni novità si fa strada con fatica. I nuovi sentieri, sconosciuti ai più, hanno bisogno di “battistrada” liberi dalle sicurezze del passato, perché si è fedeli solo rimettendo in discussione le nostre certezze, perché l’unica certezza è in Cristo Gesù, che continua a guidare la sua Chiesa verso l’avvento definitivo del Signore. Su questa strada non saremo soli: come novelli uomini e donne della Parola saremo voci inascoltate, forse, da quanti si ritengono credenti ma hanno cristallizzato la loro fede; troveremo invece nuovi compagni di viaggio che ascoltando una parola nuova decidono di mettersi in cammino.

A cura di don Andrea Rossi