In un’ora segnata dalla tristezza, lenita dalla gioia pasquale, per la morte del Papa Emerito, Benedetto XVI, celebriamo questa liturgia nell’ultima ora dell’anno del Signore 2022. “Quest’ora porta in sé una particolare intensità e diventa una sintesi di tutte le ore dell’anno che sta per tramontare”. Sono parole, queste, pronunciate da Benedetto XVI, esattamente dieci anni fa, prima del Te Deum. Per Lui, oggi, “dalla Chiesa sale incessantemente a Dio una preghiera” (cf. At 12,5): il Cantico di Simeone (cf. Lc 2,29-32), affinché “mite e festoso gli appaia il volto di Cristo Salvatore”, e il Cantico di Maria (cf. Lc 1,46-55), perché ai nostri giorni il Signore ha concesso alla Chiesa un Vescovo di Roma che l’ha guidata con “mite fortezza” e si è congedato dal Ministero petrino con “infallibile umiltà”, continuando a servirla “con una vita dedicata alla preghiera” e “con incondizionata reverenza ed obbedienza” al Suo Successore, Papa Francesco.
“Il Te Deum che innalziamo al Signore al termine di un anno solare – ebbe a dire Benedetto XVI nel 2012, pronunciando un discorso che ha tutte le caratteristiche di un testamento pastorale –, è un inno di ringraziamento che si apre con la lode e termina con una professione di fiducia: ‘Tu sei la nostra speranza, non saremo confusi in eterno’. Quale che sia stato l’andamento dell’anno, facile o difficile, noi rendiamo grazie a Dio. Nel Te Deum è contenuta quella saggezza profonda che ci fa dire che, nonostante tutto, c’è del bene nel mondo, e questo bene è destinato a vincere (…). Il cristiano è un uomo di speranza, anche e soprattutto di fronte al buio che c’è nel mondo e che non dipende dal progetto di Dio ma dalle scelte sbagliate dell’uomo (…). Nel Verbo fatto carne è possibile, sempre nuovamente, trovare la vera identità dell’uomo, che si scopre destinatario dell’infinito amore di Dio e chiamato alla comunione personale con Lui. Questa verità, che Gesù Cristo è venuto a rivelare, è la certezza che ci spinge a guardare con fiducia all’anno che stiamo per iniziare.
La Chiesa, che ha ricevuto dal suo Signore la missione di evangelizzare, sa bene che il Vangelo è destinato a tutti gli uomini, per saziare quella sete di verità che ognuno porta nel cuore (…). Questo impegno apostolico è tanto più necessario quando la fede rischia di oscurarsi in contesti culturali che ne ostacolano il radicamento personale e la presenza sociale. Proprio per questo, occorre impegnarsi ad accentuare la dimensione missionaria della pastorale ordinaria, affinché i credenti, sostenuti dall’Eucaristia, possano diventare discepoli e testimoni di Cristo. A questa coerenza di vita sono chiamati in modo particolare i genitori cristiani, che sono per i loro figli i primi educatori della fede. La complessità della vita e una cultura che appare indifferente nei confronti di Dio, impongono di non lasciare soli i padri e le madri in questo compito così decisivo (…). La nascita di gruppi di famiglie, nei quali si ascolta la parola di Dio e si condividono le esperienze di vita, aiuta a rafforzare il senso di appartenenza alla comunità ecclesiale e a crescere nell’amicizia con il Signore.
Per poter annunciare il Vangelo e permettere a quanti ancora non conoscono Gesù, o lo hanno abbandonato, di varcare nuovamente la porta della fede e vivere la comunione con Dio, è indispensabile conoscere in maniera approfondita il significato delle verità contenute nella Professione di fede. L’impegno allora per una formazione sistematica degli operatori pastorali è una preziosa via che richiede di essere perseguita con impegno anche in futuro, per formare laici che sappiano farsi eco del Vangelo in ogni casa e in ogni ambiente.
Cari amici, nell’ultima sera dell’anno che volge al termine e davanti alla soglia del nuovo, lodiamo il Signore! Manifestiamo a ‘Colui che è, che era e che viene’ (Ap 1,8) il pentimento e la richiesta di perdono (…), come pure il grazie sincero per gli innumerevoli benefici accordati dalla divina Bontà. In particolare, ringraziamo per la grazia e la verità che sono venute a noi per mezzo di Gesù Cristo. In Lui è riposta la pienezza di ogni tempo umano. In Lui è custodito il futuro di ogni uomo. In Lui si avvera il compimento delle speranze della Chiesa e del mondo”.
Edificati da queste parole di Benedetto XVI e, soprattutto, dalla sua testimonianza di vita e di fede, rendiamo grazie al Signore che ha disposto il suo “transito” nel giorno in cui la Chiesa canta il Te Deum. Eleviamo la nostra preghiera di suffragio con la formula di benedizione su Israele che Dio ha affidato ad Aronne e ai suoi figli: “Il Signore faccia risplendere per te il suo volto e ti faccia grazia. Il Signore rivolga a te il suo volto e ti conceda pace” (Nm 6, 25-26).
+ Gualtiero Sigismondi
Orvieto – Basilica Cattedrale
31-12-2022