XXV DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO – ANNO C

Gesù loda il disonesto!?

18 settembre 2022

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VANGELO

Luca 16,1-13

In quel tempo, Gesù diceva ai discepoli: «Chi è fedele in cose di poco conto, è fedele anche in cose importanti; e chi è disonesto in cose di poco conto, è disonesto anche in cose importanti. Se dunque non siete stati fedeli nella ricchezza disonesta, chi vi affiderà quella vera? E se non siete stati fedeli nella ricchezza altrui, chi vi darà la vostra? Nessun servitore può servire due padroni, perché o odierà l’uno e amerà l’altro, oppure si affezionerà all’uno e disprezzerà l’altro. Non potete servire Dio e la ricchezza».


COMMENTO

La logica della fedeltà e della coerenza applicata alla fede ha un solo esito perché “nel Regno dove avrà dimora il nuovo popolo” “la vita è regolata dallo statuto dell’amore”

“Diceva anche ai discepoli” (Lc 16,1). Questa frase di congiunzione, non presente nel testo liturgico, segna la continuità degli insegnamenti di Gesù letti domenica scorsa, scaturiti dal mormorio di farisei e scribi nei confronti del medesimo, che “accoglie” e si rivolge a pubblicani e peccatori (Lc 15,1).
Nel testo di questa domenica Gesù si rivolge ai suoi discepoli. Diversamente dall’agire scaltro dell’amministratore, lodato da Gesù in questa domenica (cf. Lc 16,8), conosciamo la figura dell’amministratore saggio e prudente posto capo della servitù (cf. Lc 12,42).
Entrambi sono presentati come modelli.
Ma come è possibile, che Gesù nei suoi insegnamenti lodi un amministratore definito disonesto?
Si comprende l’elogio di Gesù per la prudenza e la fedeltà di colui che ha posto a capo della servitù e che si è fatto trovare pronto alla venuta del padrone (cf. Lc 12,43), ma come si concilia con l’elogio a chi si è fatto degli amici con la ricchezza disonesta? (cf. Lc 16,9).

San Paolo, si pone come modello di “amministratore dei misteri di Dio”, perché prima di tutto si fa servo: “Ognuno ci consideri come servi di Cristo e amministratori dei misteri di Dio. Ora, ciò che si richiede agli amministratori è che ognuno risulti fedele (1Cor 4,1-2). Sì, fedeli al mandato ricevuto! Amministratori sono infatti anche coloro che hanno responsabilità di guida, svolgono un “ministero”, hanno un mandato, da Dio stesso o dagli uomini: un vescovo, un politico, un re nella concezione antica …
Per questo nella seconda lettura San Paolo ci invita alla preghiera: “Si facciano domande, suppliche, preghiere e ringraziamenti per tutti gli uomini, per i re e per tutti quelli che stanno al potere” (1Tm 2,1-2).
La liturgia dedica spesso attenzione a quanti sono chiamati a particolari incarichi di “governo delle cose del mondo”.
La preghiera universale del Venerdì Santo dedica una intenzione ai governanti; il messale prevede la celebrazione per quanti ricoprono particolari incarichi di guida nella comunità civile; san Paolo VI, infine, considerava esercizio di alta carità l’impegno in politica.

La parabola inizia con una grave accusa ad un amministratore disonesto e prosegue con la descrizione dell’agire dell’amministratore volto a salvare la sua condizione, elargendo favori ai debitori del padrone, così da poter essere accolto da costoro dopo essere stato cacciato (cf. Lc 16,1-7). La lode del padrone, che Gesù propone come insegnamento, non è la disonestà dell’amministratore, ma la sua capacità di individuare la strada per garantirsi una nuova vita, preferisce rinunciare ad una parte del guadagno per “guadagnarsi” una dimora: “Ebbene, io vi dico: fatevi degli amici con la ricchezza disonesta, perché, quando questa verrà a mancare, essi vi accolgano nelle dimore eterne” (Lc 16,9).
L’intera parabola sembra una lunga introduzione al cuore dell’insegnamento che Gesù intende impartire: le logiche del mondo perseguono i loro obiettivi e per realizzarli necessita rimanere fedeli ad essi.
Come l’amministratore disonesto è stato fedele a quelle logiche, voi siate fedeli alle logiche del Regno di Dio: “Se dunque non siete stati fedeli nella ricchezza disonesta, chi vi affiderà quella vera?”.

La conclusione dell’insegnamento ribadirà la radicale diversità tra le “logiche del mondo” e quelle del Regno dove avrà dimora il nuovo popolo, libero da ogni vincolo di possesso, la cui vita è regolata dallo statuto dell’amore, come ci ricorda il Prefazio Comune VII .
Il parallelo è asimmetrico perché emerge una sola opzione per il credente.
Il Regno infatti, è come un piccolo seme sparso dentro questo tempo e nel nostro cuore, continuamente a rischio a motivo del nostro combattimento tra l’attrazione per il denaro, che diventa il nostro idolo, e la capacità di costruire tesori in cielo, tra il desiderio smodato di desiderare per possedere e amare per donarsi, tra l’accaparrarsi il potere per dominare e servire attraverso di esso l’umanità bisognosa di giustizia e solidarietà.

Al termine del brano Gesù sembra emettere una vera e propria sentenza: “Nessun servitore può servire due padroni. Non potete servire Dio e la ricchezza” (Lc 16,13).

Sul divieto di “non mercanteggiare” tra falsità e verità incombe il giudizio di Dio profetizzato da Amos su quanti hanno agito con iniquità verso i poveri e gli indifesi: “Certo, non dimenticherò mai tutte le loro opere” (Am 8,7).

A cura di don Andrea Rossi

(tratto da “La Voce” del 16/09/2022)