III DOMENICA DI AVVENTO – ANNO C

Costruire la casa della gioia

12 dicembre 2021

Facebooktwittergoogle_plusredditpinterestlinkedinmail
VANGELO

Lc 3,10-18

In quel tempo, le folle interrogavano Giovanni, dicendo: «Che cosa dobbiamo fare?». Rispondeva loro: «Chi ha due tuniche, ne dia a chi non ne ha, e chi ha da mangiare, faccia altrettanto».
Vennero anche dei pubblicani a farsi battezzare e gli chiesero: «Maestro, che cosa dobbiamo fare?». Ed egli disse loro: «Non esigete nulla di più di quanto vi è stato fissato».
Lo interrogavano anche alcuni soldati: «E noi, che cosa dobbiamo fare?». Rispose loro: «Non maltrattate e non estorcete niente a nessuno; accontentatevi delle vostre paghe».
Poiché il popolo era in attesa e tutti, riguardo a Giovanni, si domandavano in cuor loro se non fosse lui il Cristo, Giovanni rispose a tutti dicendo: «Io vi battezzo con acqua; ma viene colui che è più forte di me, a cui non sono degno di slegare i lacci dei sandali. Egli vi battezzerà in Spirito Santo e fuoco. Tiene in mano la pala per pulire la sua aia e per raccogliere il frumento nel suo granaio; ma brucerà la paglia con un fuoco inestinguibile».
Con molte altre esortazioni Giovanni evangelizzava il popolo.


COMMENTO

Il profeta Sofonia e il precursore di Gesù, Giovanni il Battista, ci indicano l’atteggiamento interiore e lo stile di vita per andare verso Cristo

La predicazione di Giovanni irrompe nella regione del Giordano (Lc 3,3), come ci ricorda il Vangelo di domenica scorsa. La gioia, adombrata principalmente nella prima lettura della seconda domenica di Avvento (Bar 5,1-9), esplode in questa domenica. Il profeta Baruc invitava Gerusalemme a deporre la veste di lutto (Bar 5,1), in questa terza domenica di Avvento il profeta Sofonia utilizza tutto il vocabolario della festa: “Rallegrati, figlia di Sion, grida di gioia, Israele, esulta e acclama con tutto il cuore, figlia di Gerusalemme” (Sof 3,14).
Seppure non vi sia uniformità nel collocare storicamente Sofonia, l’esultanza rimanda non solo alla riconquistata libertà, ma anche al ristabilimento di una fedeltà resa possibile da un piccolo resto “umile e povero” (Sof 3,12-13). La liturgia riprende questo testo e colloca nell’oggi il motivo di tanta gioia: “Questo popolo che attende il Natale con fede, giunga a celebrare con rinnovata esultanza il grande mistero della salvezza”.
Possiamo definire questa domenica una vera anticipazione della gioia del Natale, chiamata appunto “domenica in Gaudete”.
Ce lo ricorda anche l’antifona d’ingresso della celebrazione. L’intera liturgia indica il motivo della gioia, l’autore della gioia, e come esserne partecipi. “Che cosa dobbiamo fare?” (Lc 3,10) è infatti la domanda rivolta al Battista da coloro che hanno ascoltato la sua voce, il suo grido.
Se proseguiamo il percorso liturgico, gettando lo sguardo su domenica prossima, abbiamo il compimento della gioia nel dialogo tra Maria ed Elisabetta, che si alternano nel canto di lode festosa al Signore per quanto ha concesso loro (Lc 1,39-45). Il cammino di Avvento ha voluto rendere visibile l’attesa nella concretezza dei personaggi che hanno fatto proprio l’atteggiamento del saper attendere: Giovanni Battista e Maria. Entrambi possono esultare di gioia perché hanno risposto “eccomi” dopo aver chiesto: “Che cosa dobbiamo fare?”.
A questa domanda, che può essere anche la nostra, il Signore risponde non secondo le nostre aspettative, ma secondo la Sua volontà, che scopriremo essere anche la gioia di chi si fida di Lui. La durezza del discorso di Giovanni (Lc 3,7-9) introduce la domanda della folla: “Che cosa dobbiamo fare?” (v. 10). Il Battista incontra non solo le folle ma, da buon maestro, oltre a esortare, ammonire, consigliare, prosegue in un dialogo spirituale più intimo con chi continua a ricercare la pace del cuore. Incontra le persone che si sono lasciate interrogare e chiedono i passi da compiere perché la loro gioia sia piena.
Gesù stesso parlerà della gioia legata ai comandamenti, non in conseguenza della loro osservanza, ma come condizione del rimanere in essa, grazie a una vita pacificata, purificata da ogni egoismo: “Rimanete nel mio amore. Se osserverete i miei comandamenti, rimarrete nel mio amore, come io ho osservato i comandamenti del Padre mio e rimango nel suo amore. Vi ho detto queste cose perché la mia gioia sia in voi e la vostra gioia sia piena” (Gv 15,9-11).
Il dialogo intimo del Battista, riconosciuto come maestro, fa emergere la sua vera identità di precursore del Messia: “Maestro, che cosa dobbiamo fare?” (Lc 3,12). Si avvicinano a lui pubblicani, soldati e quanti sentivano il desiderio di cambiare vita (v. 12-14). La sua parola accende nel loro cuore una luce che fa intravedere una pienezza. È l’“avvento” del popolo d’Israele, che attende il Messia; e Giovanni ne è il precursore.
La risposta del Battista è simile alle parole di Gesù quando dialogava “cuore a cuore” con i suoi discepoli mentre li inviava: “Non prendete nulla per il viaggio, né bastone, né pane, né sacca, né denaro, e non portatevi due tuniche” (Lc 9,3). Per questo il popolo, che fiuta la santità come il buon profumo, si domanda se non fosse proprio lui il Cristo (Lc 3,15).
Sappiamo che l’Avvento, oltre a fare memoria della prima venuta del Cristo, celebra la speranza nella sua seconda e definitiva venuta. Il Cristo risorto e asceso al cielo ha lasciato alla sua Chiesa il compito di tenere accesa la luce della fede, perché su di essa sia fondata la speranza che non muore.
Alla Chiesa, immagine del “Battista post-pasquale”, il compito di tenere accesa la profezia che continuamente annuncia il Cristo che viene. Lui è l’unico vero evento di salvezza, che per essere annunciato non ha bisogno di “eventi-parate”, ma chiede alla Chiesa di rivestirsi di “umiltà e povertà” riconoscendosi “piccolo resto” (Sof 3,12-13).
Paolo VI aveva già tracciato un percorso: “E alla Chiesa che dirò? Cammina povera, cioè libera, forte e amorosa verso Cristo” (Pensiero alla morte). Solo l’incedere con questo atteggiamento, con lo stile del Battista, senza sovrastrutture, senza paura, è andare verso il Signore. Solo così la Chiesa sarà credibile nel suo annuncio, solo così tornerà a essere attrattiva, a essere la casa della gioia.

A cura di don Andrea Rossi

Tratto da La Voce del 10/12/2021