Papa Francesco, “Servo premuroso del popolo di Dio”

Intervento del vescovo Gualtiero Sigismondi nel settimanale cattolico umbro «La Voce» del 2 maggio 2025

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Con la morte di Papa Francesco si è spenta, in questo “tempo liminare”, la voce profetica più limpida sulla pace; quella di Trump e Zelenski, seduti uno di fronte all’altro all’interno della basilica di San Pietro, è una delle immagini più suggestive delle esequie del Santo Padre. Con la scomparsa del Vescovo di Roma, “venuto dalla fine del mondo”, il popolo di Dio ha perso, “in diretta sul campo”, il suo “servo premuroso” da cui ha appreso con l’eloquenza dei gesti, il “magistero dei segni”, che “ogni autorità cresce solo nella prossimità”.

Papa Francesco a Rio de Janeiro nel 2013 per la XXVIII Gmg

Memorabile è il discorso di Papa Francesco all’episcopato brasiliano – tenuto a Rio de Janeiro il 27 luglio 2013, durante il suo Viaggio apostolico per la XXVIII Gmg – in cui è possibile scorgere la “minuta” dell’Evangelii gaudium. In esso il Santo Padre tracciava la rotta della navicula Petri, ripetendo in modo litanico la formula “serve una Chiesa che…”, a partire dalla quale è possibile tracciare le coordinate del suo pontificato.

Il discorso all’episcopato brasiliano. Serve un Chiesa…

In atteggiamento di uscita

Serve una Chiesa che, riscoprendo le viscere materne della divina misericordia, senta la necessità di porsi “in costante atteggiamento di uscita”, “in assetto di missione permanente”, per incontrare quanti si sono allontanati e inserirsi nella loro conversazione con chiarezza di dottrina e altezza di pensiero. “Serve una Chiesa – auspicava il Santo Padre – che sappia decifrare la notte contenuta nella fuga di tanti fratelli: una Chiesa che si renda conto di come le ragioni per le quali ci si allontana contengano già in se stesse anche le motivazioni per un possibile ritorno”.

Chiesa “povera per i poveri”

Serve una Chiesa consapevole di essere un popolo di poveri, bisognoso di perdono. Serve una Chiesa “povera per i poveri”, pronta a combattere la miseria, “che è la povertà senza fiducia, senza solidarietà, senza speranza”. Serve una Chiesa pronta a spogliarsi di ogni “mondanità spirituale”: una Chiesa “pellegrina di speranza”, non sedentaria, poiché Dio lo si incontra camminando. “Più della paura di sbagliare – confessava Papa Francesco – spero che ci muova la paura di rinchiuderci nelle strutture che ci danno una falsa protezione”. Serve, dunque, una Chiesa aperta a esplorare le frontiere e non a frequentare i laboratori.

Ospedale da campo

Serve una Chiesa “ospedale da campo”, disposta a curare le ferite e a riscaldare il cuore di tutti con la vicinanza, la prossimità. Serve una Chiesa fatta di pastori pronti a “camminare con il popolo – raccomandava il Santo Padre –, a volte davanti, a volte in mezzo e a volte dietro: davanti, per guidare la comunità; in mezzo, per incoraggiarla e sostenerla; dietro, per tenerla unita”. Serve una Chiesa in cui i pastori non siano né rigoristi né lassisti. “Nessuna delle due tipologie – rilevava Papa Francesco – è veramente testimone dell’amore di Dio, perché in entrambi i casi non ci si fa carico del peccatore, ma lo si scarica. Il rigorista lo inchioda alla freddezza della legge; il lassista, invece, non lo prende sul serio e così addormenta la coscienza del peccato”.

Che testimoni il Vangelo in maniera più semplice e consapevole

Serve una Chiesa che testimoni il Vangelo in maniera più semplice, più profonda e più irradiante, “se necessario anche con le parole”. La Chiesa – ripeteva spesso il Santo Padre richiamando un pensiero di Benedetto XVI – “non cresce per proselitismo ma per attrazione, non ha bisogno di apologeti delle proprie cause né di crociati delle proprie battaglie, ma di seminatori umili e fiduciosi della verità, che non trascurano il vincolo tra dialogo e annuncio”. Serve una Chiesa consapevole – si legge nell’enciclica Lumen fidei – che “la fede vede nella misura in cui cammina, in cui entra nello spazio aperto dalla Parola”; la solidità della fede – aggiungeva il Santo Padre – si misura dalla capacità di trasmetterla “nella forma del contatto, da persona a persona, come una fiamma si accende da un’altra fiamma”.

Che viva una stagione evangelizzatrice più fervorosa e gioiosa

Serve una Chiesa pronta a vivere una stagione evangelizzatrice più fervorosa e gioiosa, più generosa e contagiosa. “Se non proviamo l’intenso desiderio di comunicare il Signore – sottolineava Papa Francesco – abbiamo bisogno di soffermarci in preghiera per chiedere a Lui che torni ad affascinarci”. Serve una Chiesa che non può fare a meno del polmone della preghiera, ma senza rifugiarsi in qualche falsa spiritualità: “la contemplazione che lascia fuori gli altri è un inganno”. La missione è una passione per Gesù ma, al tempo stesso, è una passione per il suo popolo. “L’evangelizzazione non sarebbe completa – avvertiva il Santo Padre – se non tenesse conto del reciproco appello che si fanno continuamente il Vangelo e la vita concreta”. La vera speranza cristiana genera sempre storia.

Capace di discernere i mezzi pastorali più efficaci

Serve una Chiesa capace, nelle circostanze attuali, di discernere i mezzi pastorali più efficaci. “Una individuazione dei fini senza un’adeguata ricerca sinodale dei mezzi per raggiungerli è condannata a tradursi in fantasia”. Serve una Chiesa non ossessionata da questioni particolari, ma sollecita ad allargare lo sguardo senza sradicamenti, a lavorare nel piccolo con una prospettiva più ampia. Serve una Chiesa non ripiegata su preoccupazioni di ordinaria amministrazione, di “manutenzione pastorale”, di sopravvivenza.

Il discorso che papa Francesco ha tenuto nella basilica del Sacro Cuore a Koekelberg

È ormai tempo di riconoscere le sfide e le opportunità che interpellano la Chiesa, passata – osservava Papa Francesco nel discorso tenuto in Belgio, il 28 settembre 2024, presso la basilica del Sacro Cuore di Koekelberg – “da un cristianesimo sistemato in una cornice sociale ospitale a un cristianesimo di minoranza, o meglio, di testimonianza”. In questo “cambiamento epocale” ritornare al Vangelo significa concentrarsi sull’essenziale, coniugando la sapienza dei secoli e l’esperienza della storia, senza rinunciare a “osare l’inedito”.

Gualtiero Sigismondi
Vescovo di Orvieto-Todi

Articolo tratto da: https://www.lavoce.it/papa-francescoservo-premuroso-del-popolo-di-dio/