Mercoledì delle ceneri 2025 – Omelia

Con l’austero simbolo delle ceneri iniziamo il “pellegrinaggio giubilare” della santa Quaresima, che conduce alla pienezza della gioia pasquale. “Ricordati che sei polvere e in polvere ritornerai”; “Convertitevi e credete al Vangelo”: con queste formule la liturgia esprime il duplice significato della cenere: è segno sia della debole e fragile condizione dell’uomo, sia della contrizione che il “senso del peccato” suscita nel suo cuore.

In questo Anno Santo il Signore ha disposto la Chiesa a prepararsi all’inizio della Quaresima nella concordia della preghiera incessante per Papa Francesco. Nel messaggio che egli ha fatto diffondere domenica scorsa, al momento della recita dell’Angelus, ha confidato: “Avverto nel cuore la benedizione che si nasconde dentro la fragilità (…). In questo momento particolare, mi sento come portato e sostenuto da tutto il popolo di Dio (…). Anch’io prego per voi e soprattutto per la pace: dall’ospedale la guerra appare ancora più assurda”.

Nella lettera enciclica Dilexit nos sull’amore umano e divino del Cuore di Gesù Cristo – firmata il 24 ottobre 2024 –, il Santo Padre scrive che il Signore, “garante della nostra speranza”, “ha accettato di contenere la diffusione del suo immenso e ardente amore per lasciare spazio alla nostra libera cooperazione con il suo Cuore. Il nostro rifiuto lo ferma in tale impulso di donazione, così come la nostra fiducia e l’offerta di noi stessi apre uno spazio, offre un canale libero da ostacoli all’effusione del suo amore. Il nostro rifiuto o la nostra indifferenza limitano gli effetti della sua potenza e la fecondità del suo amore in noi”.

Il Signore vuole aver bisogno della nostra libertà, attende di trovare almeno uno spiraglio e di passare con la sua grazia attraverso il varco del pentimento sincero, non ostentato o simulato. Nell’enciclica Dilexit nos il Santo Padre mette a fuoco il tema della compunzione del cuore, citando una pagina degli Esercizi spirituali di Sant’Ignazio di Loyola. “La compunzione non è un senso di colpa che butta a terra, non è uno scrupolo che paralizza, ma è un pungolo benefico che brucia dentro e guarisce, perché il cuore, quando vede il proprio male e si riconosce peccatore, si apre, accoglie l’azione dello Spirito santo, acqua viva che lo scuote e fa scorrere le lacrime sul suo volto (…). Avere lacrime di compunzione significa pentirsi seriamente di aver rattristato Dio con il peccato; significa riconoscere che siamo sempre in debito e mai in credito (…). Come una goccia scava una pietra, così le lacrime scavano lentamente i cuori induriti”.

La compunzione, cioè il pentimento certificato dalle lacrime, non è frutto del nostro lavoro, ma è una grazia e come tale va chiesta, presentando a Dio, “ricco di misericordia” (cf. Ef 2,4), la supplica suggerita dagli inni della Liturgia delle ore: “Lenisci con le lacrime la durezza dei cuori”; “senza te siam sommersi in un gorgo profondo di peccati e di tenebre”; “rimargina le ferite dell’anima”; “irriga i deserti dell’anima coi fiumi d’acqua viva che sgorgano dal Cristo”; “ricorda che ci plasmasti col soffio del tuo Spirito: siam tua vigna tuo popolo e opera delle tue mani”; “grande è il nostro peccato ma più grande è il tuo amore: cancella i nostri debiti a gloria del tuo nome”.

L’antifona che apre la liturgia delle ceneri fa appello a Dio, nostro Padre, dicendogli: “Tu ami tutte le creature e nulla disprezzi di ciò che hai creato; tu chiudi gli occhi sui peccati degli uomini, aspettando il loro pentimento, e li perdoni, perché tu sei il Signore nostro Dio” (cf. Sap 11,24.23.26). L’Autore del libro della Sapienza, da cui è tagliata come gemma preziosa questa antifona, precisa che Dio non chiude un occhio sui nostri peccati, ma chiude entrambi gli occhi, lasciando chiaramente intendere che “l’onnipotenza di Dio si mostra nella debolezza della nostra libertà”.

Il motto del Giubileo “Pellegrini di speranza” fa pensare al lungo viaggio del popolo d’Israele verso la terra promessa: il difficile cammino dalla schiavitù alla libertà. Il Signore, attraverso il deserto quaresimale, “riapre alla Chiesa la strada dell’Esodo”, perché “assidua nella preghiera, nel digiuno e nella carità operosa attinga ai misteri della redenzione”. Fratelli e sorelle carissimi, siamo tutti pellegrini lungo la strada che dal fonte battesimale conduce alla Città Santa, ma lo siamo realmente? “Siamo veramente in cammino o piuttosto paralizzati, statici, adagiati nella nostra zona di comodità?”. Questo interrogativo – suggerito dal Santo Padre – scandisca i passi dell’itinerario penitenziale della Quaresima e ci conduca a “recuperare il senso battesimale della vita cristiana”.

+ Gualtiero Sigismondi

Orvieto, Basilica Cattedrale
05-03-2025