Il Verbo di Dio, ponendo la sua dimora in mezzo a noi, ci ha aperto la porta della salvezza. “Dall’orizzonte infinito del suo amore, Dio ha voluto entrare nei limiti della storia e della condizione umana, ha preso un corpo e un cuore; così che noi possiamo contemplare e incontrare l’infinito nel finito, il Mistero invisibile e ineffabile, nel Cuore umano di Gesù, il Nazzareno”. Con questo pensiero di Benedetto XVI, citato da Papa Francesco nell’enciclica Dilexit nos, varchiamo la soglia del Giubileo Ordinario, aperto dal Vescovo di Roma bussando alla Porta Santa della Basilica di San Pietro in Vaticano. Il suo periodico spalancarsi ritma l’incedere nella storia della grazia divina che, mediante il ministero della Chiesa, entra nel mondo attraverso i “cantieri dell’anima”.
“Una donna ha chiuso la porta del cielo, una donna l’apre per noi: Maria, Madre del Signore”. Questa antifona, proposta dalla Liturgia delle ore per la solennità dell’Assunta, oltre a condurci nel santuario del cielo ove la Vergine Maria risplende “in anima e corpo”, ci introduce nella casa di Nazaret, spesso raffigurata con una grande porta aperta sullo sfondo della scena dell’Annunciazione. La casa di Nazaret è, infatti, la “porta santa” che collega la terra con il “cielo aperto” (cf. Gv 1,51). Entro le sue pareti, ove Gesù cresce “in sapienza, età e grazia” (cf. Lc 2,52), si realizza il sogno che fa dire a Giacobbe: “Questa è proprio la casa di Dio, questa è la porta del cielo” (Gen 28,17).
La metafora della porta, con cui la lex credendi indica il Battesimo, apre e chiude la sacra Scrittura, in cui si narra la “grande opera” della salvezza, iniziata nel giardino in Eden, da cui Adamo viene cacciato (cf. Gen 3,23-24), e che avrà il suo compimento nella Città santa la quale, secondo la profezia di Ezechiele (cf. 48,30-35) evocata dall’Apocalisse (cf. 21,12-13), è circondata da dodici porte, ai quattro punti cardinali. Ai battenti delle “porte del cielo” (cf. Sal 78,23), che coprono il cigolio della porta della torre di Babele (cf. Gen 11,1-9), fa da “contrappunto” la benedizione assicurata a Israele: “Trasformerò la valle di Acor in porta di speranza” (Os 2,17).
Il simbolismo della porta introduce la parabola del “buon pastore” (cf. Gv 10,11-18), proclamata da Gesù, dopo aver oltrepassato la “porta delle pecore” (cf. Gv 5,2), nei pressi del Tempio di Gerusalemme. “Io sono la porta delle pecore” (Gv 10,7): con questa metafora Egli, “porta della vita” – come lo chiama S. Bernardino da Siena” –, manifesta la volontà di aprire la “porta della fede” (cf. Gv 10,16) anche ai pagani (cf. At 14,27). Il codice della chiave della “porta della fede” è lo stesso della “porta della Parola”, che dà accesso alla predicazione (cf. Col 4,3). Quella della fede è una porta “grande e propizia” (cf. 1Cor 16,8-9), ma “stretta” (cf. Mt 7,13-14) per chi dimentica che “il passaggio alla vita eterna richiede impegno, abnegazione, mortificazione del proprio egoismo”. La “porta della Parola”, che nessuno può chiudere (cf. Ap 3,8), conduce alla “porta del cielo” (cf. Ap 4,1), che gli “operatori di ingiustizia” trovano chiusa (cf. Lc 13,23-30). Le sue “chiavi” il Signore le ha messe nelle mani di Pietro (cf. Mt 16,19), “amministratore delegato” del “tesoro della Chiesa”, ingente “capitale di grazia” che i fedeli, per essere liberati da ogni vincolo di colpa e di pena, possono ottenere a determinate condizioni e devono investire nelle opere di pietà, di penitenza e di carità. L’indulgenza non è uno “sconto” sulla pena del peccato, piuttosto è un “incentivo” a intraprendere un cammino di vera conversione, ad approfondire il rapporto con Dio, “ricco di misericordia” (Ef 2,4). “L’indulgenza esprime la certezza della fede che le porte tra la vita e la morte non sono completamente chiuse”.
Nel Salterio si legge che il Signore, “grande nella sua potenza”, “ama le porte di Sion e ne rinforza le sbarre” (cf. Sal 147,13), non per impedirne l’accesso ma per regolarne l’afflusso, consentito ai giusti (cf. Sal 118,19-20), a coloro a cui Egli bussa (cf. Ap 3,20) e non gli fanno trovare chiusa la porta, come quella a cui batte, invano, un amico a mezzanotte per chiedere in prestito tre pani da offrire a un ospite giunto a casa sua da un viaggio (cf. Lc 11,5-8). La Madre di Gesù, “porta regale”, “porta felice del cielo”, ci aiuti a spalancare la porta del cuore e ravvivi in noi la preghiera dei pellegrini che salgono a Sion i quali, giunti alle porte di Gerusalemme (cf. Sal 122,2), varcano la soglia del tempio acclamando: “Alzate, o porte, la vostra fronte, alzatevi soglie antiche, ed entri il Re della gloria” (Sal 24,7.9). “A che ti giova – avverte Romano Guardini – che i portali alti s’incurvino e i pesanti battenti si schiudano, se in te non s’apre alcuna porta e il Re della gloria non può entrare?”. “Dilata il petto. Alza gli occhi. Libera l’anima!”: questo è il cronoprogramma dell’Anno Santo!
+ Gualtiero Sigismondi