XXXII DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO – ANNO B

L’amore non fa sceneggiate

7 novembre 2021

Facebooktwittergoogle_plusredditpinterestlinkedinmail
Vangelo

Mc 12, 38-44

In quel tempo, Gesù [nel tempio] diceva alla folla nel suo insegnamento: “Guardatevi dagli scribi, che amano passeggiare in lunghe vesti, ricevere saluti nelle piazze, avere i primi seggi nelle sinagoghe e i primi posti nei banchetti. Divorano le case delle vedove e pregano a lungo per farsi vedere. Essi riceveranno una condanna più severa”. Seduto di fronte al tesoro, osservava come la folla vi gettava monete. Tanti ricchi ne gettavano molte. Ma, venuta una vedova povera, vi gettò due monetine, che fanno un soldo. Allora, chiamati a sé i suoi discepoli, disse loro: “In verità io vi dico: questa vedova, così povera, ha gettato nel tesoro più di tutti gli altri. Tutti infatti hanno gettato parte del loro superfluo. Lei invece, nella sua miseria, vi ha gettato tutto quello che aveva, tutto quanto aveva per vivere”.


Commento

Gesù è nel tempio: così il testo liturgico del Vangelo di questa domenica introduce il brano. Troviamo la fonte di questa affermazione in alcuni versetti precedenti: “Insegnando nel tempio, Gesù diceva…” (Mc 12,35). Dopo essersi scontrato con farisei (Mc 12,13) e sadducei (v. 18), aveva lodato uno scriba con il quale aveva disquisito su quale fosse il primo comandamento (vv. 28-34), e di lui aveva detto: “Non sei lontano dal regno di Dio” (v. 34).

L’evangelista Marco ha descritto diverse “incursioni” di Gesù nel tempio. La prima subito dopo il suo ingresso solenne a Gerusalemme: “Ed entrò a Gerusalemme nel tempio” (Mc 11,11). La seconda quando aveva cacciato chi faceva commercio al suo interno (v. 15). La terza, discutendo sulla sua autorità con sacerdoti, scribi e anziani (v. 27).

Possiamo affermare che nel tempio Gesù non si è fatto molti amici nemmeno tra gli scribi. Questa è l’opinione del Maestro su questa classe dirigente del popolo d’Israele: “Guardatevi dagli scribi” (Mc 12,38). Li considera ipocriti, presenzialisti (vv. 38-39), profittatori nei confronti della gente bisognosa, in particolare delle vedove (v. 40). Gesù li accusa di non aver nessun riguardo nei loro confronti.

Una donna che aveva perso il marito si trovava in grave difficoltà e molto spesso cadeva nella povertà, anche perché non era abituata ad amministrare. “Divorano le case delle vedove” (v. 40) forse ha proprio questo significato: gli scribi, facenti parte della “casta” di tecnici ed esperti della legge, presentano il conto dei loro servizi e poi prendono a pagamento le proprietà, per mancanza di liquidità disponibile. Eppure gli antichi profeti hanno sempre tuonato contro chi si approfittava delle classi deboli: orfani, vedove e stranieri.

Sulla linea degli antichi profeti Gesù dirà che è bene stare alla larga dagli scribi. Anche la loro preghiera è falsa: “Pregano a lungo per farsi vedere” (v. 40). Un monito che emerge nell’insegnamento sulla preghiera nel Vangelo di Matteo: “E quando pregate, non siate simili agli ipocriti che, nelle sinagoghe e negli angoli delle piazze, amano pregare stando ritti per essere visti dalla gente” (Mt 6,5). Essi non solo hanno ricevuto la loro ricompensa – dirà Gesù (v. 6) ma per loro ci sarà una severa condanna (Mc 12,40).

Da attento osservatore, Gesù nota anche un’altra scena nel tempio. Protagonista è sempre una povera vedova (Mc 12,41), questa volta l’insegnamento è per “i suoi discepoli” (v. 43).

La testimonianza della donna ha un’eco nella prima lettura , dal Primo libro dei Re . Il profeta Elia chiede a una vedova di preparargli qualcosa da mangiare; la zona dove si è spinto è fuori da Israele, a Sarepta, in terra di Fenicia tra Tiro e Sidone (1Re 17,10-16). Lì imperversa una grave carestia. Alla richiesta dell’uomo di Dio, la donna risponde che preparerà da mangiare per lui, ma sarà l’ultimo pasto anche per lei e per suo figlio (v. 12). Alla generosità che raggiunge il dono totale della vita, l’uomo di Dio assicura che per lei e suo figlio la farina nell’orcio non diminuirà fino al ritorno della pioggia, che sancirà la fine della carestia (v. 13-16).

Cambia lo scenario: dalla Fenicia al tempio, più precisamente nell’atrio del tempio, dove avevano accesso anche le donne. Gesù si è seduto proprio di fronte al tesoro (Mc 12,41); lì chiunque, passando, poteva gettare le monete per l’offerta. Ma la procedura rendeva chiaro a tutti l’entità dell’offerta: un incaricato prendeva in consegna la somma e, gettandola in una cassetta a forma di imbuto, gridava quante monete erano state consegnate. Gesù osserva la scena, forse ha ascoltato anche gli “osanna” per i ricchi che consegnavano molte monete e il grido dell’inserviente che rendeva gloria all’uomo ricco che stava facendo ricco il tempio.

L’ipocrisia non riguarda solo la preghiera, ma anche l’elemosina. Nel contesto dell’insegnamento su questo tema Gesù dirà: “Quando fai l’elemosina, non suonare la tromba davanti a te, come fanno gli ipocriti nelle sinagoghe e nelle strade, per essere lodati dalla gente” (Mt 6,2).

La povera vedova non ha certo avuto gli applausi per gli spiccioli consegnati per l’offerta, “due monetine, che fanno un soldo” (v. 42). Ma Gesù quale criterio valutativo usa? I discepoli vengono istruiti su questo tema: “La povera vedova, nella miseria, vi ha gettato tutto quello che aveva, tutto quanto aveva per vivere” (v. 44). Un insegnamento che Gesù applicherà a se stesso, nel dono totale sul Golgota, di lì a poco. Ed è quello che vuole trasmettere ai suoi discepoli, ma è l’insegnamento che raggiunge anche noi: l’amore non fa calcoli e ciò che si dona non ha bisogno di “evidenziatori”. O si potrebbe pensare che lo si è fatto solo per essere ringraziati.

Nel tempio di Gerusalemme, oltre alle dispute con i suoi avversari, Gesù compie qualche utile osservazione a beneficio dei discepoli

A cura di don Andrea Rossi

Tratto da La Voce del 5/11/2021