I DOMENICA DI AVVENTO – ANNO C

Il Germoglio vince su tutto

28 novembre 2021

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Vangelo

Gv 18,33b-37

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: “Vi saranno segni nel sole, nella luna e nelle stelle, e sulla terra angoscia di popoli in ansia per il fragore del mare e dei flutti, mentre gli uomini moriranno per la paura e per l’attesa di ciò che dovrà accadere sulla terra. Le potenze dei cieli infatti saranno sconvolte. Allora vedranno il Figlio dell’uomo venire su una nube con grande potenza e gloria. Quando cominceranno ad accadere queste cose, risollevatevi e alzate il capo, perché la vostra liberazione è vicina.
State attenti a voi stessi, che i vostri cuori non si appesantiscano in dissipazioni, ubriachezze e affanni della vita e che quel giorno non vi piombi addosso all’improvviso; come un laccio infatti esso si abbatterà sopra tutti coloro che abitano sulla faccia di tutta la terra. Vegliate in ogni momento pregando!…”.


COMMENTO

La solennità di Cristo Re, che abbiamo appena celebrato, è la porta che apre alla novità del nuovo anno liturgico: la prima domenica di Avvento. Ci accompagnerà l’evangelista Luca. Il brano evangelico che introduce il nuovo anno liturgico è – sorprendentemente – quasi sovrapponibile al brano dell’evangelista Marco letto a conclusione dell’anno precedente. La liturgia sceglie di presentarci un unico ambiente tematico: lo sconvolgimento degli astri (Lc 21,25 e Mc 13,24), il ritorno del Signore, espresso con le medesime parole dai due evangelisti: “Allora vedranno il Figlio dell’uomo venire su una nube con grande potenza e gloria” (Lc 21,28 e Mc 13,26). È dentro questa continuità che la liturgia vuole farci scorgere la novità: ogni anno che passa abbrevia la distanza dalla realizzazione del progetto finale del Signore.

Lui non è solo il “Vivente”, ma anche il “Veniente”, infatti i testi biblici di questa prima domenica sembrano imprimere un’accelerazione verso questo incontro. Il tema dello scenario apocalittico, in questa prima tappa di Avvento, accentua la tematica già espressa nella fine dell’anno liturgico, dandole una continuità che spinge a riflettere sulla fine del nostro tempo. Il venire del Figlio dell’uomo sulle nubi richiama da vicino l’evento dell’ascensione di Gesù al cielo: “Elevato in alto, una nube lo sottrasse ai loro occhi” (At 1,9) e due uomini in bianche vesti esortarono i discepoli che si erano attardati a guardare in alto: “Perché state a guardare il cielo?” (v. 11), Egli verrà di nuovo “allo stesso modo in cui l’avete visto andare in cielo” (v. 11). La seconda lettura, tratta dalla Prima lettera di san Paolo ai Tessalonicesi , esprime l’imminenza di questo incontro con la venuta del Signore; è un attesa quasi spasmodica, necessita prepararsi, mantenendosi “irreprensibili nella santità, davanti a Dio e Padre nostro (1Ts 3,13). Questo documento è il primo testo della letteratura cristiana, scritto e portato a conoscenza della comunità di fede addirittura prima degli stessi testi evangelici. Per costoro, la Parusìa era percepita come imminente: il Signore Gesù sarebbe ritornato per instaurare il suo regno.

Lo stesso testo profetico della prima lettura parla della realizzazione delle promesse divine, che Geremia descrive indicando una novità assoluta nella discendenza di Davide: “In quei giorni e in quel tempo farò germogliare per Davide un Germoglio giusto” (Ger 33,15).

Geremia vede l’affacciarsi di una novità durante il regno del re Sedecia, totalmente assoggettato ai babilonesi, che poi distruggeranno Gerusalemme e il tempio. Il profeta scruta dentro questa tragedia l’inizio di un tempo di giustizia e di pace. La liturgia colloca questo testo nell’orizzonte del tempo nuovo, che sembra scaturire nello sconvolgimento che descrive la fine del tempo, così come lo conosciamo. Infatti i testi ci invitano a non considerare la prospettiva ultima come la fine di tutto, ma come la “gestazione” che apre un tempo nuovo. Il profeta Geremia ci ricorda che in quei giorni – ma noi possiamo dire: nei giorni del travaglio di ogni tempo – “Giuda sarà salvata e Gerusalemme vivrà tranquilla” (Ger 33,16).

La speranza del tempo nuovo è connotata dalla stile di vita della vigilanza, caratterizzato dalla sobrietà, come ci ricorda Luca: “State attenti a voi stessi, che i vostri cuori non si appesantiscano in dissipazioni, ubriachezze e affanni della vita” (Lc 21,34). La versione di Luca del discorso escatologico risente probabilmente anche dell’evento storico della caduta definitiva del Tempio di Gerusalemme (70 d.C.), infatti alcuni versetti precedenti parlano di eserciti che circondano Gerusalemme che segnano l’inizio della devastazione (Lc 21,20).

Ma qual è il messaggio di speranza con cui si apre questo nuovo anno liturgico?

Il Signore viene a fare nuove tutte le cose, dentro i chiaroscuri della storia, anche dentro le tragedie. I testi di questa domenica ci parlano di distruzione. Geremia ci parla della condizione di Gerusalemme ridotta a provincia babilonese: di lì a poco la Città santa sarà distrutta, gli ebrei deportati.

Paolo ci parla della comunità cristiana che sperimenterà le persecuzioni. Ma da queste tragedie esce un “germoglio”: gli ebrei in esilio acquisiranno una nuova presenza di Dio in mezzo al loro popolo; i cristiani perseguitati, fuggiti dalla loro terra, “invaderanno” i territori circostanti con la novità del Vangelo. E noi? Siamo capaci di accogliere, oltre il velo della pandemia, il germoglio della novità di tornare a essere “piccolo gregge”, per rinnovare la nostra fede e le nostre strutture che appesantiscono i nostri cuori e la nostra vita?

Questa domenica ha inizio il nuovo anno liturgico, in cui ci accompagnerà ogni settimana il Vangelo di Luca. Le letture odierne sono apparentemente cupe, ma…

A cura di don Andrea Rossi

Tratto da La Voce del 26/11/2021