XIII DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO – ANNO C

La ragione, alleata della fede

4 settembre 2022

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VANGELO

Lc 14,25-33

In quel tempo, una folla numerosa andava con Gesù.
Egli si voltò e disse loro: «Se uno viene a me e non mi ama più di quanto ami suo padre, la madre, la moglie, i figli, i fratelli, le sorelle e perfino la propria vita, non può essere mio discepolo. Colui che non porta la propria croce e non viene dietro a me, non può essere mio discepolo. Chi di voi, volendo costruire una torre, non siede prima a calcolare la spesa e a vedere se ha i mezzi per portarla a termine? Per evitare che, se getta le fondamenta e non è in grado di finire il lavoro, tutti coloro che vedono comincino a deriderlo, dicendo: “Costui ha iniziato a costruire, ma non è stato capace di finire il lavoro”.
Oppure quale re, partendo in guerra contro un altro re, non siede prima a esaminare se può affrontare con diecimila uomini chi gli viene incontro con ventimila? Se no, mentre l’altro è ancora lontano, gli manda dei messaggeri per chiedere pace. Così chiunque di voi non rinuncia a tutti i suoi averi, non può essere mio discepolo».


COMMENTO

Nella Bibbia l’uomo esprime ripetutamente il desiderio di “vedere il volto di Dio”.
Gesù indica ai discepoli come entrare nel mistero

“Quale uomo può conoscere il volere di Dio? Chi può immaginare che cosa vuole il Signore?” (Sap 9,13-18). Questo interrogativo declinato su due domande apre la liturgia della Parola di questa prima domenica di settembre e conferma una posizione espressa più volte nel primo testamento: l’intangibilità e la non intelligibilità di Dio.

Nel suo ragionamento l’autore del testo, conclude con una consapevolezza: “Chi avrebbe conosciuto il tuo volere, se tu non gli avessi dato la sapienza e dall’alto non gli avessi inviato il tuo santo spirito?” (Sap 9,17).

Il testo, secondo gli studiosi è scritto alle soglie dell’era cristiana e rivela un’approssimarsi della piena rivelazione di Dio, che si fa invocazione nel versetto dell’ alleluja : “Fa risplendere il tuo volto sul tuo servo e insegnami i tuoi decreti” (Sal 118/119,35).

Il desiderio di vedere il volto di Dio è un altro tema classico del primo testamento. Un desiderio che si fa enigma, tra la volontà di Dio di rivelarsi: “Cercate il mio volto!” (Sal 27,8) e la capacità dell’uomo di riconoscerlo, secondo la volontà di Dio stesso: “Il tuo volto, Signore, io cerco, non nascondermi il tuo volto” (Sal 27,8-9).

Un altro Salmo evoca lo stesso tema: “Cercate il Signore e la sua potenza, ricercate sempre il suo volto. Ricordate le meraviglie che ha compiuto, i suoi prodigi e i giudizi della sua bocca” (Sal 105,4-5). Il volto di Dio è un rifugio per l’uomo, come ci ricorda il ritornello del salmo nella liturgia odierna: “Signore, sei stato per noi un rifugio di generazione n generazione”.

Un rifugio sicuro che chiedono gli stessi Apostoli per bocca di Tommaso, domandando a Gesù la via per seguirlo: “Signore non sappiamo dove vai; come possiamo conoscere la via?” (Gv 14,5). Fino alla domanda esplicita di Filippo: “Signore mostraci il Padre e ci basta” (Gv 14,8).

Nella risposta di Gesù troviamo la realizzazione dei due desideri: quello di Dio di incontrare l’uomo e quello dell’uomo di vedere e incontrare Dio: “Da tanto tempo sono con voi e tu non mi hai conosciuto, Filippo? Chi ha visto me ha visto il Padre” (Gv 14,9).

Perché, nonostante la condivisione di vita con Gesù, gli apostoli fanno fatica a riconoscerlo come rivelazione di Dio, come sua presenza in mezzo all’umanità? Sono forse, oltre a essere il germe della Chiesa credente, che professa la fede, anche il “sacramento” della fatica a credere dell’umanità, nonostante i segni e i prodigi?

Il volto del Padre rimane avvolto nel mistero anche in Gesù Cristo, perché quale è il suo vero volto? Quello della gloria nella sua trasfigurazione sul Tabor, o quello sfigurato sul Golgota? La via della fede, ma anche della ragione, sembra la strada maestra indicata da Gesù.

La fede, per comprendere la logica della “porta stretta” da Gesù, con le chiare indicazioni proposte nel Vangelo odierno: “Colui che non porta la propria croce e non viene dietro a me, non può essere mio discepolo” (Lc 14,27). Sembra la sintesi della priorità dell’amore verso di Lui rispetto ad ogni altro legame umano, anche quello familiare: genitori/figli e marito/moglie (cf. v. 26-27).

Queste parole sono pronunciate da Gesù dopo essersi accorto della numerosa folla che lo seguiva (cf. v. 25). Parole pesanti, che intendono chiarire, quale è la sorte di chi lo segue e che per seguirlo è necessario rinunciare a tutto: “Così chiunque di voi non rinuncia a tutti i suoi averi, non può essere mio discepolo” (Lc 14,33).

Nessuno stratega della propaganda politica avrebbe consigliato un discorso di questo tipo a Gesù, secondo la logica del successo e infatti il voto della folla su di Lui e sulla sua opzione vita/morte l’ha perduto, quando Pilato mette ai voti la sentenza sulla sua condanna (Gv 19,4-16).

Ma nel Vangelo odierno, Gesù, per entrare nel mistero, ci propone anche la via della ragione con le due similitudini: la costruzione della torre e il necessario per realizzarla (Lc 14,28-30) e il progetto di conquista tramite una guerra (Lc 14,31-32).

La ragione è alleata della fede per scrutare i segni che Dio ha lasciato, anzi secondo il Cardinal Martini, chi usa la ragione, e non si professa credente, più facilmente si accosta al mistero, rispetto a chi, dicendosi credente, è invece fideista, e alienando la fede dalla ragione, si aliena anche dall’umanità.

A cura di don Andrea Rossi

(tratto da “La Voce” del 02/09/2022)