III DOMENICA DI PASQUA – ANNO C

Gesù prega per “quelli che crederanno”

1° maggio 2022

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VANGELO

Giovanni 21,1-14

In quel tempo, Gesù si manifestò di nuovo ai discepoli sul mare di Tiberìade. E si manifestò così: si trovavano insieme Simon Pietro, Tommaso detto Dìdimo, Natanaèle di Cana di Galilea, i figli di Zebedèo e altri due discepoli. Disse loro Simon Pietro: «Io vado a pescare». Gli dissero: «Veniamo anche noi con te». Allora uscirono e salirono sulla barca; ma quella notte non presero nulla. Quando già era l’alba, Gesù stette sulla riva, ma i discepoli non si erano accorti che era Gesù. Gesù disse loro: «Figlioli, non avete nulla da mangiare?». Gli risposero: «No». Allora egli disse loro: «Gettate la rete dalla parte destra della barca e troverete».

La gettarono e non riuscivano più a tirarla su per la grande quantità di pesci. Allora quel discepolo che Gesù amava disse a Pietro: «È il Signore!». Simon Pietro, appena udì che era il Signore, si strinse la veste attorno ai fianchi, perché era svestito, e si gettò in mare. Gli altri discepoli invece vennero con la barca, trascinando la rete piena di pesci: non erano infatti lontani da terra se non un centinaio di metri. (…)


Nessuno ha visto la risurrezione. E la nostra fede si fonda sulla parola di coloro che hanno incontrato il Risorto e per Lui hanno dato la vita. È questa comunione dei credenti, nell’unità della Chiesa che rende credibile l’annuncio del Vangelo

Con questa terza domenica di Pasqua si conclude il ciclo dei vangeli della Resurrezione, è una prima tappa del tempo pasquale, che fino a Pentecoste, ci aiuterà a “gustare” la gioia della nostra fede: “una vita da non morire mai”!

I testi ci raccontano la resurrezione di Gesù in modo non ordinato e a volte con qualche contraddizione narrativa. D’altronde non è semplice narrare l’indicibile.

Se confrontiamo i racconti della resurrezione, con i racconti della passione e morte di Gesù, ci accorgiamo quanto questi siano ben più ordinati, ricchi di dettagli, abbastanza coerenti ed occupano la maggior parte delle pagine dei vangeli, in proporzione ai fatti che raccontano. Una settimana di racconto occupa la gran parte delle pagine, rispetto al resto del racconto della vita di Gesù.

Invece il cuore della nostra fede, l’inizio della nostra speranza, ciò che da senso alla nostra vita, è narrato in poche pagine, più negli effetti che nel fatto in sé.

Chi ha visto risorgere Gesù? Hanno visto il Risorto ma non la resurrezione. Sembra esserci un unico testimone, non necessario per la nostra fede: la Sindone. Ma è un testimone muto, che più che dare spiegazioni, solleva interrogativi, prima di tutto alla scienza. Ma allora come credere alla resurrezione di Gesù? Noi crediamo alla parola di coloro che hanno visto il risorto, non abbiamo il certificato della resurrezione!

Anche noi come Pietro possiamo solo fidarci: “Sulla tua parola getterò le reti” (Lc 5,5) disse Pietro a Gesù. Noi possiamo dire: “Sulla parola di coloro che hanno dato la vita, io metterò in gioco la mia”.

La nostra professione di fede attesta: “Il terzo giorno è risuscitato secondo le Scritture”. È ancora una pesca miracolosa che compie il miracolo della fede, come agli inizi della storia degli apostoli: “Non temere; d’ora in poi sarai pescatore di uomini” (Lc 5,10). Con queste parole, Pietro sceglie di seguire di Gesù. “Seguimi” (Gv 21,19), con questo imperativo Gesù conferma Pietro nella sua missione.

Il testo di questa domenica descrive la condizione di cinque apostoli e di due discepoli ritornati in Galilea alla vita di pescatori di pesci e non di uomini (Lc 5,10). La prima scena con cui si apre il Vangelo si conclude con un tono mesto:“Ma quella sera non presero nulla” (Gv 21,1-3).

Sembra di rileggere la scena iniziale dei discepoli di Emmaus. Dopo l’ardore dell’esperienza vissuta con Gesù, se ne vanno via da Gerusalemme senza speranza. Non riconoscono Gesù che gli cammina accanto (Lc 24,15-16), come Pietro e gli altri non riconoscono Gesù che li chiama dalla riva (Gv 21,4-5). È interessante cogliere che gli occhi degli apostoli si aprono facendo memoria di un fatto che Gesù ha già compiuto: per i discepoli di Emmaus, lo spezzare il pane (cfr. Lc 24,31), per Pietro e gli altri, l’invito a gettare le reti dopo il fallimento: “Gettate la rete dalla parte destra della barca e troverete” (Gv 21,6), come già era accaduto al momento della chiamata (Lc 5,4).

Come il “Verbo si è fatto carne” (cfr Gv 1,14), così la Parola che è Gesù, il Signore (cfr. Gv 21,7), risuona nella Chiesa con la vita di quanti hanno creduto alle parole dei testimoni, dalle prime comunità cristiane fino ad oggi.

C’è un legame sacramentale e di testimonianza che garantisce la verità e veridicità del nucleo essenziale della nostra fede: Cristo è risorto veramente. È la successione apostolica che, da Pietro e i Dodici, raggiunge le nostre comunità guidate dai nostri vescovi. In questo testo leggiamo proprio la riconferma del primato che Gesù riconosce a Pietro, subordinata alla dichiarazione d’amore che Pietro consegna nelle mani di Gesù.

È la testimonianza di vita di quanti ci hanno preceduto, a rendere credibile la fede nel Cristo Risorto, è la stessa fede della prima comunità nata dalla Pentecoste. A tenere unito l’unico popolo di Dio nel tempo e nello spazio è la preghiera di Gesù nel cenacolo, che garantisce la sua presenza in mezza agli apostoli: “Come tu – Padre – hai mandato me nel mondo, anche io ho mandato loro nel mondo” (Gv 17,18). Gesù garantisce la sua preghiera e la sua presenza non solo per gli apostoli: “Non prego solo per questi [gli apostoli], ma anche per quelli che crederanno in me, mediante la loro parola (Gv 17,20).

È questa comunione dei credenti, nell’unità della Chiesa, che rende credibile l’annuncio del Vangelo: “Perché tutti siano una sola cosa; come tu Padre, sei in me e io in te, siano anch’essi in noi, perché il mondo creda che tu mia hai mandato (Gv 17,21).

Il termine “Chiesa in uscita” ha forse bisogno di accentuare il soggetto Chiesa, perché solo nella condizione di unità e comunione, ha senso l’uscita. Senza questa condizione è un andare senza meta.

A cura di don Andrea Rossi

Tratto da La Voce del 29 aprile 2022