“Fare la storia”: Veglia di preghiera per le vocazioni – La riflessione del Vescovo Gualtiero

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La storia solo il bene sa farla, il male la scrive e basta. Il bene non scrive ma tesse: è una spola che inserisce la trama della carità nell’ordito della storia. La spola del bene è affidata alle nostre mani, delle quali Dio vuole aver bisogno per realizzare il disegno del ricamo della sua opera di salvezza, di cui noi vediamo solo il retro.

“La carità non sia ipocrita” (Rm 12,9): san Paolo avverte che la carità non tollera finzioni. La carità “tutto scusa, tutto sopporta” (cf. 1Cor 13,7), tranne il velo dell’ipocrisia. La carità è autentica quando è concreta, generosa e senza limiti di tempo. È concreta la carità se sono i gesti a parlare; è generosa la carità se dona con gioia; non ha limiti di tempo la carità se adotta l’unità di misura del comandamento nuovo: “fino alla fine” (cf. Gv 13,1).

Nella prima lettera ai Corinzi l’apostolo Paolo declina i segni che accompagnano la carità: “non è invidiosa, non si vanta, non si gonfia d’orgoglio, non manca di rispetto, non cerca il proprio interesse, non si adira, non tiene conto del male ricevuto, non gode dell’ingiustizia ma si rallegra della verità” (cf. 13,4-6). Nella lettera ai Romani san Paolo coniuga le opere della fantasia della carità: “detestare il male attaccandosi al bene; gareggiare nello stimarsi a vicenda; essere premurosi nell’ospitalità; benedire coloro che ci perseguitano; rallegrarsi con quelli che sono nella gioia; volgersi a ciò che è umile” (cf. 12,9-17).

La vita si perde se la si tiene per sé (cf. Mt 10,39), se non la si dona, se non la si investe nell’amore senza paura, senza calcoli e senza misura. Senza paura, anzitutto: la beata Armida Barelli, ad esempio, era solita dire: “Lasciate al Signore la cura del vostro avvenire, preoccupatevi dei suoi grandi interessi”. Senza calcoli: la gioia di spendersi nell’amore suppone la libertà di lasciarsi sorprendere da Dio, senza fare la spola tra pretese e attese, senza soffocare i desideri con la prepotenza dei bisogni. Senza misura: per fare la storia occorre “vincere il male con il bene” (cf. Rm 12,21) e questa vittoria richiede la collaborazione del tempo, che è l’unità di misura dell’amore.

La carità non lesina il tempo che, avendo il sole come “primo orologio”, non si misura sulla bilancia, ma con la meridiana. Dio stesso, l’Eterno, “è venuto ad abitare in mezzo a noi” (cf. Gv 1,14) sia per rivelarci che Egli è fedele per sempre, sia per insegnarci che l’amore sarebbe una coincidenza di interessi egoistici se fosse a tempo determinato. La fedeltà è una di quelle parole che hanno la capacità di esprimere il vincolo indissolubile tra amore e libertà. La forma matura della libertà è, dunque, la fedeltà, che mette nell’amore la nozione dell’eternità. C’è una stagione della vita, quella della giovinezza, che non può essere spesa sfogliando i bianchi petali della margherita delle scelte definitive, senza mai decidersi. “Beati voi giovani che avete tempo di fare il bene”: questa beatitudine, che san Filippo Neri proclama nella Roma del Cinquecento, non ha perso la sua attualità.

+ Gualtiero Sigismondi

Sferracavallo (Orvieto)
07-05-2022